Regia di Alessandro Genovesi vedi scheda film
Esordire nel panorama italiano con una commedia prevedibile e piuttosto banale non è mai facile. Genovesi ce la mette tutta perché il suo La peggior settimana della mia vita diventi qualcosa di più della solita commediola italianota che anche se tanto lontana dai cinepanettoni volgari e ripetitivi, non riesce ad innalzarsi verso l’eccellenza della visione. Il film ha un inizio che ricorda molto da vicino gli esperimenti di Fausto Brizzi, vero e proprio modello(senza apparente motivo) della neo-neo commedia all’italiana, poi prosegue con uno svolgimento frammentato, molto veloce, ma privo di brio, con scarso humour e si chiude con un finale di un poverismo imbarazzante. Non sembra neanche italiano questo film. E va bè che prende spunto da una sit com britannica, ma in realtà il modello preferito e da imitare è quello della commedia romantica francese, genere che da noi arriva poco. Probabilmente, però, se lo script di questo film fosse arrivato in mano ad uno Jean-Pierre Jeunet, oggi staremmo qui a parlare di ben altro film. Genovesi si distacca quindi dall’Italia: cerca come modello Woody Allen( le musiche sono di puro stampo alleniano, ricordano quelle di “Basta che funzioni”), ma fallisce miseramente nel tentativo di riportare in voga lo spirito della commedia all’italiana pura e semplice. Abbiam Paolo, giovane e intelligente pubblicitario che sta per sposarsi con Margherita, alto-borghese dalla bellezza illuminante con una famiglia difficile. Abbiamo che manca una settimana alla data fatidica. Abbiamo sparsi sullo schermo una serie di personaggi che si tengono ben lontani sia dall’ammirazione che dallo sculto. Allora che manca? Semplice. La storia. Il film è banalmente prevedibile, non sa andare oltre il suo semplice pensiero e risulta assai poco piacevole alla lunga. Ora, De Luigi fa da mattatore, funziona anche molto bene, ma alla lunga stanca. Siani getta via la maschera da (finto) Troisi e decide di collaborare. La Capotondi più che una femme fatale sembra una bella statuina, ma risulta anche sopportabile. Insomma, il problema non sono gli attori. Forse è proprio vero, il problema del cinema italiano non sono gli attori come molti hanno spesso sostenuto, anzi. Il problema sta in cabina di sceneggiatura(firmata in questo caso dallo stesso regista e De Luigi), dove, per usare un modo di dire “non ci sono più gli inventori di storie di una volta”. Anche stavolta tutto rimane nelle buone intenzioni, senza concretizzarsi, risultando stantìo e nullo. La commedia avrebbe anche dei momenti divertenti e anche una certa satira felice(contro una certa borghesia e contro la Chiesa, vedere la battuta di De Luigi al prete per capire), ma manca sempre quel qualcosa che farebbe salire alla grande il livello della commedia. Porta indecisione questo film e tanta. Come giudicare un film italiano che va oltre gli standard del cinema italiano ma resta comunque sotto gli standard del cinema mondiale? Un dilemma difficile. Non siamo sulla sufficienza, si deve lavorare ancora molto, ma di certi ci sono alcuni passi avanti significativi. Con il cinema italiano sembra di essere a scuola. Il cinema italiano potrebbe fare delle cose importanti ma non si applica. Sarà un cliche, ma riflette la realtà. La peggior settimana della mia vita, che prosegue per sette sezioni con un countdown à la Shining e in un gran galà di più o meno colte citazioni cinefile, è il probabilmente uno dei film su cui riformare la commedia italiana. Promosso Genovesi, ma rimandato il suo esordio. Si spera che faccia un ottimo recupero. In extremis.
Promosso.
Sempre bravo.
Discreta.
Non male.
Prova niente male.
Buono.
Così così.
Bella e bravina.
Da sculto la sua prestazione canora con Arisa.
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