Regia di Chris Weitz vedi scheda film
Bellissimo film, a tratti commovente e con un finale straziante, forse un po’ ruffiano nel cercare la complicità dello spettatore, ma non sono così le condizioni in cui si trovano centinaia di migliaia di immigrati onesti e buoni lavoratori?
Si allunga ancora la mia personale lista dei film belli e invisibili, e stavolta devo anche aggiungere dei poco, ingiustamente, apprezzati. “A better life”, una vita migliore, è quella che sognano tanti poveri cristi che hanno pochissimo dalla vita e che per giunta hanno dovuto emigrare per avere un minimo di vita dignitosa. Ed è quello che succede a Carlos Galindo, un chicano entrato abusivamente negli USA per cercare di mantenere un figlio e permettergli un futuro. Nei quartieri dove vivono i pericoli sono tanti: gang di sbandati, di ragazzi che non frequentano la scuola ma che cercano di entrare in bande di più forti, armi, droga. Quindi per Carlos educare il figlio a condurre una vita onesta gli è più difficile, anche perché lui è fuori tutto il giorno per lavorare, clandestinamente ovvio, come operaio presso un suo connazionale titolare di una ditta di manutenzioni negli enormi giardini delle ville dei facoltosi losangeliani. Carlos si spacca la schiena dalla mattina alla sera pur di vivere onestamente e sognare tempi migliori.
L’occasione della vita gli capita, a quale residente in America non capita? Comprare il furgone e gli attrezzi del suo datore di lavoro, che si vuol ritirare, e mettersi in proprio. Solo così può dare una sterzata positiva all’esistenza della famigliola, ma i soldi deve farseli prestare e non sa dove rivolgersi. Il destino gli sorride tramite un prestito della sorella che nel frattempo si è discretamente sistemata: bene, l’attrezzatura c’è, la clientela pure, ma… ma se l’America ti dà sempre l’occasione buona è vero anche che non puoi fidarti ad occhi chiusi di nessuno. Carlos è troppo onesto e non riesce a diffidare a sufficienza del prossimo e l’avventura si mette malissimo. Lui è un clandestino, è un fantasma e quindi non ha la patente e non deve mai incappare nelle maglie della legge, altrimenti sarà espulso dal Paese dei suoi sogni.
Bellissimo film, a tratti commovente e con un finale straziante, forse un po’ ruffiano nel cercare la complicità dello spettatore, ma non sono così le condizioni in cui si trovano centinaia di migliaia di immigrati onesti e buoni lavoratori nei Paesi dove sperano di trovare l’Eden? Ma non proprio un paradiso, almeno una “vita migliore”? almeno per il proprio figlio?
Il giovane José Julián, che interpreta il figlio Luis, se la cava bene, ma Demián Bichir, Carlos Galindo, è di una bravura straordinaria. Il suo viso esprime tutti i patimenti che sopporta e tutte le preoccupazioni che trascina dentro il suo animo, è un libro aperto scritto con i sacrifici quotidiani. Solo guardando il film si può capire perché nel 2012 ha avuto la meritata nomination agli Oscar, e almeno per la sua grande prova d’attore il film merita di essere visto.
Il regista Chris Weitz si mostra esperto nel trattare i rapporti tra adolescenti e adulti: è l’autore del simpaticissimo “About a boy”.
Film veramente bello.
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