Regia di Larry Charles vedi scheda film
Viene da Wadiya, (inventato) Stato non libero dell’Africa del Nord, e vuole proclamare alle Nazioni Unite la volontà di rimanere un dittatore. Ma un complotto, ordito alla sue spalle, cerca di trasformare il Paese in una democrazia. Ovviamente fittizia, perché il Potere ammicca a banche e multinazionali. Aladeen/Cohen s’ispira a Saddam e Gheddafi, richiama alla memoria Kim Jong-il e porta la barba di Bin Laden, è parodia del tiranno medio contemporaneo, idiota radicale, straniero in terra straniera, gli Usa. Dove i suoi gesti terroristici, come l’impermeabilità verso il concetto di diritto umano, non paiono che ingenue espressioni primitive che la società occidentale, semplicemente, ha mascherato e sublimato in maniera differente. Dopo Borat. Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan e Brüno, Cohen (con il fido Charles alla regia) non s’affida più alla forma del mockumentary: Il dittatore segue una narrazione canonica, occhieggia a Il grande dittatore e a La guerra lampo dei fratelli Marx, ma coltiva la propensione a squarciare - con gag selvagge, scatologiche, nonsense, camei geniali - il confine aleatorio tra realtà e apparenze, delitti e ipocrisie. E, infine, dittatura e democrazia. La tabula rasa del demenziale può apparire cerchiobottista, la carica eversiva può disperdersi nella molteplicità degli obiettivi, ma va riconosciuta a Cohen una declinazione del comico in chiave politica che, oggi, non ha pari.
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