Regia di Dario Argento vedi scheda film
È da un po’ di anni che Argento scava e scava sempre di più; per l’esattezza da “La sindrome di Stendhal” (1996), ma col successivo “Il fantasma dell’opera” (1998) pensavamo di aver visto il peggio del peggio.
Ahinoi, l’agonia era appena iniziata, perché nel 2013 il regista romano arriva a toccare il fondo.
Un film talmente brutto che è quasi una consolazione, perché la prossima fatica di Argento (fatica che speriamo di non vedere mai e poi mai compiuta) potrà solo riuscire meglio. Peggio è impossibile.
Il livello è quello di “Giallo” (perché al confronto “Non ho sonno” sembra “Tenebre”), ma qui c’è in più la colpevolezza derivante dall’aver voluto puntare in alto, la pretesa di aver cercato realizzare qualcosa di grande, ovvero la rilettura personale di una delle figure – narrative prima che cinematografiche – chiave del Novecento. In altre parole, Argento ha voluto accostarsi a quei grandi cineasti che in passato diedero il proprio contributo nel portare su grande schermo il vampiro più famoso al mondo (nel ricordare Tod Browning, Terence Fisher e tutti i film della Hammer, la bella versione di John Badham, nonché l’eterno Coppola, ci viene da piangere).
Questa falsa e autoconsapevole ambizione traspare colpevolmente, contribuendo a far cadere questo “Dracula” nel ridicolo involontario.
In questo film non c’è niente – ma proprio niente – che funzioni:
- in primis il cast, che vede una Asia Argento al suo peggio recitativo e un Rutger Hauer che pone il sigillo definitivo all’autodistruzione di una carriera
- le scenografie di cartapesta e l’ambientazione circoscritta a quattro mura e un paio di stanze, sciatta e priva di qualsiasi fascino (gotico in primis), contribuisce a rendere la pellicola fastidiosamente statica
- una fotografia improponibile, colpa di un’illuminazione abominevole che getta luce (forti bagliori) a casaccio sui personaggi
- sceneggiatura immeritevole di tal nome
- effetti speciali degni dei peggiori film della Asylum
- trovate talmente imbarazzanti da essere diventate ormai perle scult (Dracula che si trasforma in una mantide gigante!)
- totale mancanza di ritmo aggravata da una durata eccessiva.
Come se non bastasse, il 3D è becero e stantio, volto esclusivamente a far bucare lo schermo dalla punta di una spada o quant’altro capiti a tiro, banalità che avrebbero forse avuto effetto se la stereoscopia fosse una novità da qualche mese.
A dire il vero, il film ripaga pienamente le aspettative, perché la caduta artistica del cineasta è ben nota a tutti i suoi estimatori, i quali guardando questo suo ultimo film non possono che aspettarsi esattamente ciò che esso regala. In tale ottica l’opera in analisi funge da conferma imprescindibile e inequivocabile a chiunque fosse così pazzo da avere ancora dubbi sulla perdita, da parte di Argento, di un talento del quale “Dracula3D” sancisce l’irrecuperabilità.
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