Regia di Dario Argento vedi scheda film
Preso atto che il Dario Argento che fu non tornerà più, analizzo l’ultima fatica DRACULA 3D così com’è. “…mi ha spinto principalmente lo scambio continuo amore-morte…mi ha eccitato il pensiero di avere da confrontarmi con i maestri del passato. Lasciata perdere ogni presunzione, mi sono sentito stimolato a misurarmi con certo grande cinema, a migliorarmi: tenendomi comunque a distanza da operazioni commerciali o di moda tipo TWILIGHT”. A partire da ciò il regista è stato coerente con quanto dichiarato. I classici della Hammer adattati alla tecnologia digitale, il 3D per compensare la saturazione di inventiva ormai palesata in molte pellicole recenti. “Un aspetto che mi ha conquistato del personaggio di Dracula è stata la sua natura in perenne trasformazione: nel mio film lo mostro infatti anche in sembianze di lupo, di mantide, di altre creature, non però di pipistrello, troppo visto in tutti i film precedenti”. Le uniche tracce di inventiva rimaste al genio Dario sono appunto le trasformazioni del famoso conte che verso la conclusione confessa che “…io sono stato strappato alle tenebre e inviato sulla terra a depredare il sangue della mia gente…è l’unico modo in cui posso nutrire questo fetido cadavere”. Il Dracula Argentiano è un b-movie spettacolare e al contempo umile e riuscito perché artigianale - introiettata la sconfitta della visionarietà e presa coscienza degli avvenuti limiti ispirativi - l’autore di SUSPIRIA vola basso con un’estetica (specie nei primi venti minuti) quasi alla Mario Salieri in cui l’erotismo e la morbosità prevalgono, riprende il volo ogni qual volta mette in scena le morti violente e il fantastico creato da effetti visivi e speciali efficaci perché modesti. Non c’è più la macelleria degli anni ottanta, non ci sono ammiccamenti e inganni, è nudo e crudo senza infingimenti, persino sobrio ed elegante a tratti. Luciano Tovoli alla fotografia, Antonello Geleng alle scenografie e Claudio Simonetti alle musiche lo assecondano in questa versione low profile, in questo auspicabile cammino di redenzione cinematografica. Come un tempo sceglie nomi internazionali per il cast, bolliti o falliti che siano (ma perché James Franciscus, Michael Brandon, David Hemmings, Anthony Franciosa erano grandi star?) quali Thomas Kretschmann (un buon Dracula) e Rutger Hauer (convincente Van Helsing), assieme alla sorpresa Marta Gastini (Mina), alla figlia Asia (seppur con una patata in bocca) come ultima icona del suo cinema e caratteristi italiani (Augusto Zucchi e Franco Ravera tra gli altri). Oggi come ieri. E’ questo che apprezzo, una coerenza che non è stata scalfita da stroncature e attacchi a palle incatenate. DRACULA 3D mi dice che non tutto è andato perduto nella sua singolare filmografia.
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