Regia di Dario Argento vedi scheda film
Vaga reinterpretazione da parte di Dario Argento di una delle storie più famose e interessanti della letteratura. Il meraviglioso plot di Bram Stoker per via di mistificazioni, incongruenze e “licenze” varie finisce per ridursi quasi al novero di un romanzo di Moccia. La deriva dell’ex maestro del brivido nostrano, a cui nostro malgrado ci siamo dovuti rassegnare dopo aver assistito all’ultimo decennio di inenarrabili ciofeche, non rimane ferma, ma si ammoderna, ammantandosi di storture ed assurdità al passo coi tempi. Quasi una ciofeca 2.0 in cui, oltre a rinverdire le brutture estetiche di film come “Il cartaio”, si aggiunge un ingiustificato ricorso alla tridimensionalità (ragione per la quale si fa ricorso ad una caterva di insetti – decisamente più fascinosi quando si avvicinano alla macchina da presa rispetto ai pipistrelli!). Anche della digitalizzazione della pellicola Argento prende la parte peggiore: ne è d’esempio l’incipit, in cui con una gru virtuale la macchina da presa si incunea tra le casupole del villaggio della Transilvania e arriva nella stanza di una delle protagoniste del film; durante il suo cammino la mdp incontra abitazioni tutte uguali, con colori freddi ed una messa in scena fasulla (nemmeno un filo d’erba ai bordi delle viuzze del villaggio)!
Un film freddo, senz’anima, approssimativo, con personaggi inventati di sana pianta, casting indecente e scenografie improprie. Asia Argento, doppia se stessa in una maniera ignobile, rendendosi ancora più antipatica del solito. Eppure c’è qualcosa che si salva: certe ambientazioni ricordano vagamente alcuni lavori di Mario Bava e le musiche di Simonetti sono come al solito azzeccate.
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