Regia di Dario Argento vedi scheda film
A Dario Argento non bastava aver rovinato anni prima il mito de “Il Fantasma dell’opera” con un remake indegno. Ha voluto anche andare a “deturpare” il mito di Dracula, sebbene stavolta, i risultati siano un po’ meno penosi.
La pellicola, infatti, qualche pregio lo ha. Stilisticamente ricorda i vecchi film della Hammer Productions. Musiche suggestive e inquietanti; ambientazioni e scenografie perfettamente cupe e angoscianti; atmosfere spettrali gustose; costumi e make-up perfetti mentre riproducono il pallore dei vampiri e le loro bocche traboccanti di sangue, con tanto di canini terrificanti e un prologo avvincente – fatta eccezione per una dozzinale scena di sesso che stona di brutto, ma che è stata saggiamente censurata in alcune versioni.
Quando sono partiti i titoli di testa, ero in preda all’euforia, perché ho avuto la sensazione che tutti gli elementi di questo remake di vecchio stampo si fondessero alla perfezione. Poi, la mia attenzione è calata per via di una sceneggiatura dall’impianto debole, che non ha saputo aggiungere nulla di nuovo al genere, delineando una trama a tratti noiosa e inconsistente. Poche le scene che si salvano.
I personaggi non hanno spessore, a parte il Van Helsing di Rutger Hauer – che a me ha ricordato molto quello di Anthony Hopkins nel Dracula di Coppola.
Il vampiro protagonista non ha il giusto carisma e può semmai vantare soltanto una buona presenza scenica. Il suo interprete, Thomas Kretschmann, difatti è bello, e così tanto da apparire fuori parte. Non ha un briciolo di tenebrosità o fascino dark come quello che dovrebbe possedere Dracula.
Peggiore è il personaggio di Mina, scialbo e anonimo, interpretato da una bellina quanto ingessata Marta Gastini. Lucy, invece, interpretata dalla figlia di Dario, Asia, sebbene anche questa volta dimostri di non saper recitare granché, è comunque più interessante della protagonista. Buona perlomeno la sua espressività facciale, soprattutto nelle sequenze in cui la si vede come vampira.
Dio solo sa, però, perché il padre continua a piazzarla nei suoi film quasi come se fosse un marchio di garanzia. Tra l’altro, è mai possibile che dobbiamo sempre vederla nuda? È forse allergica ai vestiti o che?
Per il resto, anche gli altri attori offrono interpretazioni che lasciano molto a desiderare. Unax Ugalde è un Jonathan Harker monocorde e insipido.
Non è la prima volta che Argento ingaggia interpreti dalle modeste capacità attoriali, che sembra aver raccattato per la strada.
La messa in scena è fredda e meccanica, seppure dal trailer sembri avvincente e intrigante. Procede in modo molto schematico, senza suscitare grandi emozioni per colpa dell’assenza di pathos o di immedesimazioni convincenti e intense.
I dialoghi sono banali; i luoghi comuni abbondano; il ritmo è incostante a causa di una tensione psicologica altalenante e i trucchi e gli effetti speciali sono discreti, fatta eccezione per le ridicole unghie di Dracula, che spuntano a scatto come le leve degli apriscatole moderni.
Poesia assente e finale scontato per nulla toccante o impressionante.
La scena più assurda e delirante è quella della mantide religiosa. Lì Dario Argento tocca veramente il fondo.
Una trasposizione cinematografica del romanzo di Bram Stoker nel complesso molto mediocre e asettica, che avrebbe potuto dare di più con un cast differente e una qualità di recitazione più alta o valida.
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