Regia di Dario Argento vedi scheda film
Orbene, che scorre sull'esteso nero schermo?
Sarà sangue, fors’antico riflesso d’aulici tempi,
o sospiri tenebrosi d’un maestro mai (in)fermo?
ché timor grave è ch’ampli la catasta degl’empi.
La sentenza, lor signori, è - ahinoi! - irrefutabile:
impudente, ed orrorifica miseria patiscon gli occhi
com'immaginar la propria putrefazione inesorabile
con le campane a goder di morte coi suoi rintocchi.
E badate bene: l’animo di mansuetudine er’avvolto,
col capo chino a farsi travolgere dalla stupefazione
e la lingua pronta a turbinar d’esaltazione l’assolto.
Ma - la storia, crudele, si ripete - è una dannazione!
Non v’è questione di originalità o di bieco danaro,
laddove l’ingegno alle mancanze affatto si piega,
è proprio lo spettacolo ad esser d’un malfatto raro
tal che par l’opera idiota di un’immonda congrega.
Fors'abbondando di floridi seni e sinistre sonorità,
egli pensava d’avere in scacco il genio che lo tradì
pur con speciali effetti, e gl’affetti, anelava la libertà
e ch’idea venne: camuffar l’obbrobrio col fatuo treddì!
In quattro menti a narrar - ancora! - di distinti draculi
come non vi fossero stati cent’anni a svuotar la figura;
e poi: a che pro sotterrar la capocomica Asia in loculi
se si ride a crepapelle allorché mostra la sua natura?
Orsù, disse il saggio che non v’è mai fine al peggio
e il passato aiuta ché s’impara dai piccoli grandi errori;
e dunque: perché, perché seguitare col gaio dileggio?
Ch'è il proprio, dai! perché mai bearsi di siffatti orrori?
Sì che un tempo fummo rapiti, e l’issammo in trionfo
fu gloria, e si diceva: “Egli ha l’argento vivo addosso”
eppur in infamia cadde; e persevera: che fenomenal tonfo!
nel funereo abisso dell’oblio tinto di profondissimo rosso.
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