Regia di Ezio Greggio vedi scheda film
Il primo film italiano in 3D è di un attore comico più televisivo che cinematografico che riprende in mano le redini della regia dopo 11 anni dal suo ultimo lavoro. Greggio lo conosciamo bene, rimane sempre lui e questo ci fa piacere perché è un punto fermo nel magma dispersivo di "Box Office". Ovvio che con troppe parodie diverse è un casino fare un unico film, ma la divisione fra trailer ed episodi non è delle più felici.
"Box Office" è anche una divisione fra parti riuscite, parti minori, parti brutte. Della comicità dei film precedenti di Greggio (fra tutti quel "Silenzio dei prosciutti troppo sottovalutato) la si trova in pochi frammenti ed in tutto l'episodio de "Il codice Teomondo Scrofalo" che, guarda caso, risulta il migliore. Però la pellicola si fa troppo influenzare dalle commedie italiane degli ultimi anni e quindi giù dai con dialetti e cavolate varie che sanno di visto e rivisto. Inoltre molti attori che nel loro hanno sempre reso bene appaiono qui fuori luogo (Izzo), inutili (Salvi) o usati male (Proietti, perché diavolo recita in napoletano???). Comparsate a gò gò (ma quella di Giurato è esilarante) ed un finale che si rivela essere intelligente e con tanto di cameo della Lollo nazionale.
"Box Office" usa come punto di forza il demenziale (altrimenti tante cose non te le spieghi) per scherzare del cinema, delle sue manie, del suo mondo, del suo futuro. Ed è proprio vero, come recita la didascalia in fondo, che "finche c'è cinema c'è parodia". Ma si fosse respirata una aria meno italiana e più internazionale, più generica quindi, sarebbe stato un film migliore.
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