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Hotel Transylvania

Regia di Genndy Tartakovsky vedi scheda film

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La recensione su Hotel Transylvania

di OGM
8 stelle

Papà Dracula racconta una fiaba alla sua bambina: è una terrificante storia su quei mostri cattivi che sono gli umani. All’inizio del film, la piccola Mavis dorme ancora nella culla e porta i pannolini, ma ben presto eccola in procinto di compiere 118 anni e diventare maggiorenne: una ragazzina graziosa e spigliata, pronta per il debutto in società. Per lei suo padre ha preparato una festa di compleanno molto speciale, nel maestoso castello che si è fatto costruire pensando proprio alla sua creatura: l’unico affetto che gli sia rimasto, dopo la tragica scomparsa della moglie Martha. Quella lussuosa  magione è, in realtà, un albergo, che per l’occasione si è riempito di ospiti di ogni provenienza, foggia e colore: sono tutti personaggi strappati al mondo degli incubi infantili e dei racconti horror, da Frankenstein alla mummia, passando per gli zombie, gli scheletri, ed altri esseri dall’indefinibile anatomia. Purtroppo gli eventi non andranno secondo i piani: inaspettatamente, un giovanotto di nome Jonathan, un globetrotter che porta ogni suo avere in un enorme zaino da trekking, si presenta in quel luogo sinistro spinto dalla curiosità e dall’incoscienza dei suoi ventuno anni. Inizia così una favola tragicomica incentrata sulla diversità, sulla stupidità che si cela dietro l’intolleranza, sul sentimento che vince i pregiudizi e la paura. A tenere alla larga la retorica e la scontatezza interviene una raffica di gag sfrenate ed irriverenti, eppure a loro modo dolcissime, intinte, in ugual misura, nel realismo dello scontro generazionale e nel romanticismo dell’amore che cambia le cose e le persone riservando affascinanti sorprese. La versione originale del film entusiasma per la coloritura comica e drammatica del linguaggio, grazie anche  all’ottimo lavoro dei doppiatori, tra i quali spicca un eccezionale Adam Sandler, perfetto interprete della parlata del protagonista, aristocraticamente distaccate nonché venata da un inconfondibile accento dell’est.  La maggior parte del merito spetta però alla sceneggiatura, vivace e più che mai attenta alle sfumature (vedi il gergo giovanile usato dal ragazzo ed, in generale, i tanti piccoli dettagli che ne fanno il classico rappresentante dello spirito rockettaro ed alternativo della nostra epoca). Il film parla della difficoltà di incontrare l’altro, e lo fa in maniera caotica e divertita, presentando la varietà come ricchezza disorganizzata, e la trasgressione come originalità indisciplinata.  Il disordine è un turbine che spazza via la noia ed apre la mente al nuovo, consentendo di superare i limiti della realtà. Questi, come questa storia ci rivela, sono quasi sempre il risultato dello scontro tra il dinamismo della stravaganza e la staticità dell’abitudine: ne succedono delle belle se l’uomo invisibile tenta di cimentarsi col gioco dei mimi o l’uomo mosca si mette a fare l’istruttore di aquagym. Gli schemi consolidati non si applicano alle eccezioni, per le quali bisogna non lasciarsi fermare dalle regole, e si devono invece imboccare strade inesplorate. All’occorrenza, un vampiro può sfrecciare sotto il sole fino a raggiungere un aereo in volo: può decidere di rischiare la propria vita per realizzare un traguardo che aveva sempre ritenuto sbagliato.

Genndy Tartakovsky, moscovita trapiantato negli Stati Uniti, e già regista, produttore ed animatore di numerosi cartoni televisivi, ci regala un meraviglioso incanto, disegnato con tratti morbidi e stilizzati, nel quale, però, si scorge l’anima del cinema classico. Sotto la semplice e luminosa rotondità delle immagini pensate per i bambini batte un cuore avventuroso e passionale: quello che riempie le giungle tropicali, i bassifondi cittadini, i tramonti infuocati e le notti tempestose di tanti poetici sogni  proiettati sul grande schermo.

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