Regia di Måns Mårlind, Björn Stein vedi scheda film
Kate Beckinsale, la ritornante, risveglia una saga finita in coma.
Con la sua presenza magnetica e una bellezza immortale che unisce fragilità, sensualità e letalità, risveglierebbe anche i morti. Morsi da un suo bacio fatale …
E' lei Underworld. Senza, non avrebbe senso né sarebbe la stessa cosa.
L'inutile e scialbo terzo episodio (Underworld: Rise of the Lycans), in pratica un’estensione dei flashback del primo, lo ha dimostrato chiaramente.
In Underworld: Awakening la rivediamo protagonista assoluta. La decisione, opportuna, degli autori e produttori (tra cui figura il regista dei primi due capitoli Len Wiseman - tra l’altro invidiatissimo coniuge della Beckinsale!) è stata quella di dare un netto cambiamento alla serie, avendo spostato l’ambientazione in un mondo che, a differenza di quanto accadeva in precedenza, ha scoperto ed “epurato” le due razze di non umani, vampiri e lycans. L’introduttiva voce narrante di Selene lo spiega, finché, cercando di scappare con l’amato Michael, non viene catturata. Lei si risveglia dopo dodici anni, aiutata da un fantomatico “soggetto due” (che si rivelerà essere la figlia) e scopre verità sconcertanti: le cose sono drasticamente cambiate, ma non i nemici, che sono quelli di sempre …
In questa quarta puntata, all’esordio con il 3D (che non coinvolge più di tanto, anzi), si spinge, purtroppo, in maniera massiccia e banal(izzant)e, l’acceleratore su action ed effetti speciali, di cui l’unico risvolto positivo è dato da alcuni efficaci dettagli “splatterosi”. Insomma, appare evidente che gli sceneggiatori si sono consapevolmente lasciati trascinare verso una deriva che ha lo spettacolo fracassone e rumoroso come unico incontrastato obiettivo. Sì che lo spunto iniziale non è affatto male e specialmente con la figura di Selene, col suo sviluppo, c’erano buone carte da giocare, diversi temi da sfruttare: guerriera implacabile, agente di morte ossessionata dai lycans, si ritrova all’improvviso e drammaticamente a dover fare i conti con la morte di Michael, con un’ostilità che viene da più parti (feroce da umani e lycans, vigliacca dai suoi stessi simili) e soprattutto con l’incredibile scoperta di avere una figlia.
Non che in un prodotto esclusivamente d’intrattenimento come questo ci s’aspetti chissà quale approfondimento psicologico, ma qui, ad esempio, in quello che avrebbe dovuto essere l’asse portante e cioè il rapporto madre-figlia, non viene nemmeno abbozzato un minino di descrizione e definizione di personaggi e relazioni. I momenti tra le due sono “letteralmente” momenti: istantanei, effimeri, “scappano” e scompaiono subito per concedere spazio all’azione. Tutto passa in secondo piano, non c’è tempo per spiegare, per dare senso, sostanza. Solo l’estetica, il fragore, gli effetti speciali contano. E Kate Beckinsale è anche una brava attrice, manco ci provano a servirsene del suo talento. Certo la gioia nel vederla avvinghiata nei neri (e aderentissimi) panni dell’eroina (cioè che dà dipendenza) Selene è immensa. Come anche vederla scatenarsi e agire con furia e cattiveria contro i nemici. Adorabile.
Alla regia è stata chiamata la coppia Måns Mårlind/ Björn Stein, già al timone dell’interessante ma non riuscito Shelter, il cui apporto non si può dire sia stato positivo, sovrastato dall’ingombrante ricorso agli effetti speciali. Dunque anonimi e intercambiabili. E pure copioni: diverse scene già viste altrove non fanno fare bella figura.
Anche per quanto riguarda il cast c’è da registrare un sensibile indebolimento. Se i bravi Stephen Rea (il cattivo dr. Lane) e Charles Dance (un anziano codardo vampiro), pur non eguagliando per presenza scenica (ma non è sicuramente colpa loro) gli altri grandi attori inglesi precedentemente coinvolti (Bill Nighy; Michael Sheen; Derek Jacobi), offrono comunque una discreta prova, tutti gli altri comprimari sono mediocri e insipidi, dei volti che si dimenticano in fretta. Si salva solo, e in parte (è quasi sempre pesantemente coperta dal trucco), India Eisley che interpreta la figlia di Selene. Sorprendente la sua somiglianza con Kate Beckinsale. Naturalmente non si può non notare l’assenza di Scott Speedman (avrebbe rifiutato), il cui Michael viene ripreso in filmati rivenienti dai primi due episodi ma anche ridicolamente “sostituito” in brevissime apparizioni.
Ritornerà nei seguiti? Già, perché come da “regolamento” c’è un bel finale aperto (e con tanto di sorpresa) che, a seconda di quelli che saranno gli incassi, spalanca le porte di una prosecuzione della saga.
In conclusione, Underworld: Il risveglio un poco avvince e si lascia guardare, ma solo perché c’è Selene/Kate Beckinsale. Imprescindibile.
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