Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Non lo so nemmeno io come ho fatto a non addormentarmi durante la visione di questo film. Dispiace notare che anche David Cronenberg come Dario Argento sia caduto nel baratro della sua stessa fama tanto da non riuscire più ad emergere con un buon film che rievochi i tempi d’oro del suo cinema. Infatti, dopo una mezza schifezza (pura opinione personale e sono pure generosa) come “A dangerous method” (che sfruttò la figura e le affascinanti teorie di Freud per raccontare una squallida storia d’amore) ecco che sforna una schifezzona ben peggiore: "Cosmopolis" (alias, “boiata di dimensioni cosmiche”) un’opera decisamente inutile, delirante e priva di trama il cui vero soggetto è una narrazione farraginosa e logorroica fino all’estremo che annoia anche più di una vecchietta di novant’anni che racconta per l’ennesima volta ai nipoti le sue memorie di quando era ragazza.
Perle di saggezza ed aforismi sparati a casaccio sul sesso, ma soprattutto sui meccanismi oscuri dell’alta finanza e sul capitalismo non bastano a fare la qualità di un film che tenta maldestramente la strada del thriller psicologico rivelandosi invece piatto, monotono, pretenzioso e pure volgarotto. Dov’è la reale tensione sentita da alcuni in tutto questo? Nelle scene in cui il personaggio interpretato da Robert Pattinson sembra così inesperto e smarrito da non sapere neppure lui quale sia lo scopo della sua vita cosicché proietta la propria insicurezza nei suoi incontri con uomini e donne che parlano, parlano e parlano con lo scopo di insegnargli qualcosa (le donne gli fanno addirittura da geishe ad un certo punto)? O nelle scene in cui non fa che copulare come un riccio lamentandosi poi con tutti della sua prostrata asimmetrica? No, perché a parte la parte finale in cui lui lascia trasparire quanto tema il suo potenziale assassino, di tensione non ce n’è proprio. Ci sono solo lunghi ed estenuanti dialoghi che perdurano per il 90% della pellicola (il che è veramente troppo!) prendendo per giunta tutti luogo all’interno di una macchina e che dopo un po’ fanno venir voglia di fumare anche a quello spettatore che non ha mai fumato in vita sua e che durante la visione, non può fare altro che pregare e sperare che la tortura finisca presto e che il film stupisca cambiando tono e trasformandosi in qualcosa di diverso e di decente anche se poi non succede perché continua a non esserci alcuna trama, solo conversazioni e sempre e solo nella macchina...
A nulla vale neppure il subdolo intellettualismo di contorno perché è inserito in uno scenario troppo monocorde, metaforico e confusionario incapace di approfondire quel poco che racconta ed incapace di dargli vigore e spessore. Il ritmo è fiacco, la sceneggiatura inesistente, le dinamiche narrative ridondanti ed i lineamenti sgraziati e squadrati del volto di Pattinson - che qui sembra si riesca a togliere definitivamente di dosso l’etichetta di attorino-icona del cinema commerciale – sui quali indugia con una certa insistenza la telecamera, diventano disturbanti già dopo i primi venti minuti. Lui in realtà non se la cava male perché sembra migliorato e finalmente dimostra di saper recitare davvero e riesce perfino a sfoggiare una sufficiente dose di espressività facciale (avvenimento inedito per lui!), ma in questo film appare fuori posto ed è comunque il più sopravvalutato sex symbol della storia del cinema!
Un film in definitiva brutto ed asfissiante, a mio avviso bocciato su tutta la linea e che nemmeno la presenza di una sempre efficace Juliette Binoche ha potuto almeno parzialmente salvare. Un disastro, una vera delusione per chi ha amato il vecchio cinema di Cronenberg.
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