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Cosmopolis

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Cosmopolis

di FilmTv Rivista
8 stelle

Aprile 2000, interno giorno: la limousine di Eric Packer (Robert Pattinson) è uno spazio senza limiti, una bolla temporale, il mondo racchiuso nell’abitacolo buio attraversato dai lampi dei monitor che decifrano gli andamenti della Borsa. L’auto candida e smisurata procede a rilento per le strade di New York, il miliardario ha deciso di tagliarsi i capelli a Hell’s Kitchen, ai confini della città, dove se non hai una pistola sei morto. David Cronenberg inquadra riga per riga il testo di Don DeLillo, Cosmopolis, parole del postmoderno per dire la fine di un’epoca, dal microracconto di fine secolo ai maxischermi di Times Square dove scorre il messaggio, promemoria dell’apocalisse: «Uno spettro si aggira per il mondo - lo spettro del Capitalismo». Eric Packer è la sua versione aggiornata, è il cybercapitale con il suo carico di autoannientamento, metafora in carne e ossa e faccia da ex vampiro (Twilight) a rievocare i succhiasangue di Wall Street, chiusi in altre stanze ovattate davanti ai monitor come armi puntate contro l’universo. Nella musica vibrante di Howard Shore, la limousine si apre un varco tra i no global che accendono fuochi, spaccano vetrine e assaltano l’auto/simbolo dai vetri blindati, ma dentro i rumori arrivano ovattati, Packer è lontano, collegato con i grafici pulsanti della finanza. Lo yuan sale, l’impero affonda, lui sorride, immune dalla crisi economica che sta provocando. Tratta il prezzo dalla cappella di Rothko, si culla nell’idea del suo bombardiere nucleare parcheggiato in Arizona, e si sottopone al quotidiano check up, tra incontri filosofici e di sesso. Cosmopolis è una gelida composizione che trattiene nelle linee geometriche tutto il cinema horror di Cronenberg, una pulsione di morte imprigionata nelle poche ore che separano Packer dal suo killer, Benno (Paul Giamatti), a cui non può sfuggire perché lo abita già, è dentro il suo delirio di potenza. L’aria di Manhattan entra nel set sigillato, Packer scende dal suo carrarmato di lusso e assapora le cose perdute, la moglie sfuggente Elise (Sarah Gadon), il caffè al banco e la forza creativa dei rivoltosi che agitano topi morti contro dollari, «il topo come unità monetaria». Interno notte, le ombre calano sul simulacro del potere.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 22 del 2012

Autore: Mariuccia Ciotta

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