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La mia vita è uno zoo

Regia di Cameron Crowe vedi scheda film

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La recensione su La mia vita è uno zoo

di lorenzodg
8 stelle

La mia vita è un zoo” (We Bought a Zoo, 2011) è l’ottavo lungometraggio del regista di Palm Springs Cameron Crowe.
   Di per sé ogni film su un ambiente familiare nasconde delle insidie vuoi per i caratteri dei personaggi, vuoi per i dialoghi e vuoi per l’intreccio che può risultare stantio, monotono ed esile. Né altrimenti si può nascondere un facile risaputo e un prevedibile battibecco che non lasciano scampo che a situazioni di ordinaria amministrazione. Telefilm e cartoon di vario tipo che pescano nella storia hollywoodiana di puro intrattenimento e di umanità immedesimata nel gioco dei cortili, delle cavalcate, delle adunate o degli zoo (pieni di simpatia) fino ad arrivare al glaumorizzato stile di far parlare tutti compresi gli stessi animali (dal ‘mulo parlante’ al ‘madagascar-circus’) in un panorama interscambiabile e speranzoso di vitalità pacifica. Un arcobaleno senza cielo e un cielo con uno spettro ridente.
   Il film di Cameron Crowe allenta e rende oltremodo malleabile ogni tipo di messaggio a livello naturale. con dimensioni umane comode (non certo accomodanti); una semplicità d’acchito e appena entri nel buio del grande schermo ti trovi (mi sono trovato per meglio dire) con le immagini a proprio agio. E sì una storia quasi disarmante nella scrittura dove non trovi mai cadenze forzate e atteggiamenti sopra le righe. Certo le movenze e il tipo di racconto si manifestano in un modo solare e veritiero senza inganni per lo spettatore. Un film classicamente ‘americano’, un’esposizione da favola e una finzione di una realtà addolcita (non certamente edulcorata oltre ogni volo di nostra fantasia). Un divertimento dolce, un momento di pausa, uno stacco dalla routine, una bellezza semplice, una storia carezzevole, un flebile vento. Contro il tutto in burrasca ci si addormenta in un sogno delicato e in un mondo affettuoso. Questo film diventa un bicchiere d’acqua salutare e un respiro di aria fraterna con un rapporto umano che alimenta il vivere e l’ardimento sincero. Nulla aspettarsi e per nulla attendersi (non sentivo e leggevo entusiasmo verso questa peliccola… tutt’altro…) lo spettatore di cinema vuole (vorrebbe) passare un tempo (atemporale) e tornare da un bagno di immagini vedendo il bambino che è in sé (lasciamo il fanciullino..di pascoliano anniversario…): senza per nulla togliere a chi si aspetta cataclismi e suggestioni a effetto, si esce dalla proiezione riposati, rilassati e con un pensiero (più di uno per quello che mi riguarda) alla vita possibile (non certo ad un successo filmico che pur racconta un ‘successo’ di vita-natura tra gli animali da un libro-biografico vero di Benjamin Mee) e a ‘scontri’ con umani che di dire almeno ‘scusi’ con un po’ di grazia sembrano perdersi nell’immaginario di un filmdivita (im)possibile. Sì (senza enfasi alcuni) due ore normali in una contestualizzazione di sogno e di vero al limite dell’innocenza umana. Ma senza sognare troppo al primo angolo, dopo l’uscita, qualcuno in scooter ‘cammina’ contromano e una chiusura al traffico pare una ‘guerriglia’ infuocata di uomini distratti (e di manifestazioni occupanti incontri di vita –per almeno venti secondi di coraggio…come in un film preserale).
   Benjamin Mee (Matt Damon) decide di portare via dalla città la sua famiglia dopo la morte della moglie (matto com’è si licenza dal giornale dove lavora). L’entusiasmo non colpisce entrambi i figli: mentre Dylan (Colin Ford), quattordicenne, è contrario (non potrà vedere i suoi amici che in realtà si disinteressano dell’amico), Rosie (Maggie Elizabeth Jones) , più piccola, è raggiante quando vede quella natura popolata da tanti animali (dal leone allo struzzo, dalla tigre ai serpenti…). Il fratello di Benjamin, Duncan (Thomas Haden Church), cerca di dissuaderlo ma nulla può nonostante spese per riordinare lo zoo, contrattempi familiari e gruppo di inservienti da pagare. Non ultimo il denaro in deposito è alla fine ma quando sembra finire tutto ecco arrivare una risorsa di dollari a cui qualcuno aveva pensato… Tutto in incontri che possono cambiare una vita: Kelly (Scarlett Johansson) che non disdegna uno sguardo a Benj e Lily (Elie Fanning) che cerca sempre…Dylan. Una vita normale per una famiglia che si allarga senza sapere prima del lasciapassare per l’apertura ufficiale del ‘Rosemoor Animal Park’.
   Bastano le parole di Rosie…”tutti dicono che lei è un mentecatto..” al burocrate (burlone) che deve dare la licenza dello zoo alla famiglia Mee, per far capire il tono del film. Uno sguardo soffice, leggero e, volutamente, allergico alla vera sofferenza di una persona cara. Il resoconto è di una favola che riscatta e di un vivere non sempre acerbo (nonostante siamo dalle parti adorabili per bambini e accomodanti per grandi). Un cast di rimessa (come direbbe qualcuno) ma a tono e giusto per una pellicola attraente e per nulla banale (corrosiva quanto basta nel rapporto tra uomini e animali) che disegna una gentile oasi di tenerezza nel miscuglio-ferraglio del mondo post-modernizzato (dal nulla).
   Matt Damon in un ‘bagno d’umiltà’ (che poi tale non è) riesce benissimo a tirare il filo fino alla fine con un’interpretazione ‘intelligente’ e di grande umanità. Senza arie e senza star(system che tenga) tutto a livello del terreno-zoo. E tutto il cast si adopera in questo fraseggio umano bello e accattivante. Sì, si può sognare senza fare danni e con appunti reali ingigantiti. E gli aquiloni rossi ci portano oltre il cielo (vero proprio rosso…un cielo di speranza).
   (Ps. E’ un film di fine stagione? O è solo un contentino di fine scuola? O il pubblico no gradisce molto nella stagione ‘alta’ del nostro Paese?...Domande da distribuzione…che lascia a desiderare…).
   Voto: 7.

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