Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Il buio partorisce incubi e sogni, rivelazioni e misteri, seducente dolcezza e perversa crudeltà. E il bianco e nero è un registro visivo nel contempo grezzo e sofisticato, artisticamente sfumato e realisticamente duro. Lo stesso titolo di questo secondo cortometraggio di Amenábar è un suggello dell’ambiguità che caratterizza tutti gli incontri notturni, i cui contorni sono definiti dal contrasto tra luce ed ombra: al chiaro di luna ogni storia è un misto di affermazione e negazione, come quello che caratterizza l’incerto e graduale approccio tra due sconosciuti. La breve vicenda dei due protagonisti, il giovane Alberto che fa l’autostop e la ragazza che gli offre un passaggio, non è fatta di eventi definiti, ma di un’alternanza di parole e silenzio, di sincerità e finzione, di attrazione e repulsione: un naturale gioco di opposti che può finire solo con la perfetta e definitiva fusione, oppure con l’annientamento di una delle due parti. In questo thriller la tensione è un viavai di tesi ed antitesi, una corrente alternata che alimenta un rapporto costantemente oscillante tra il desiderio di unione e la tendenza alla disgregazione: in fondo è il non sapere, il procedere a tentoni, che disegna il percorso dell’esistenza umana. Con questo film, Amenábar ritrae, in un breve road movie liricamente sospeso tra l’attesa e l’azione, quel soffuso spettro di incertezza destinato a diventare il filo conduttore del suo cinema: un cinema che, in Tesis come in The Others, in Apri gli occhi come in Mare dentro, si muove con passo sinuoso e discontinuo lungo il sottile confine che descrive le situazioni limite, collocate alla soglia tra la realtà e l’illusione, tra l’evidenza e l’invisibilità, tra la vita e la morte.
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