Regia di Dennis Dugan vedi scheda film
Liquidiamo brevemente la trama: Jack (Adam Sandler) è un affermato pubblicitario, Jill (sempre Sandler, en travesti) è la sorella gemella che gli complica la vita. Dopo 91 minuti di gag scatologiche noiosissime (il legame tra gemelli si esplicita in peti simultanei, senza contare una lunga sequenza basata sulle conseguenze del cibo messicano), gli autori, non contenti, ci rifilano la morale familista e il volemose ‘bbene di Capo-danno. Volgarità & conservatorismo non bastavano, così i micidiali Dugan & Sandler (all’ottava, imperdonabile collaborazione) aggiungono sul piatto Al Pacino. Ed ecco che il film s’illumina della luce demoniaca di un declino pubblicamente ammesso: Pacino interpreta Pacino, agganciato dal pubblicitario per diventare testimonial della nota ditta americana di caffè e ciambelle Dunkin’ Donuts. Nei panni di se stesso, Al si innamora della versione femminile di Sandler, perde il controllo, gigioneggia a piede libero, risponde al cellulare sul palcoscenico, combatte in veste di Don Chisciotte contro un ventilatore a pale, infine si arrende e recita nello spot. Affer-mando, anzi rappando, caffè alla mano, che il suo nome non è più Al Pacino, ma “Dunkaccino”. Per un attimo lo schermo vacilla in una vertigine di orrore sublime, in sospetto di cult istantaneo. Poi ci ricordiamo che stiamo vedendo uno dei più grandi attori di sempre esibirsi in un mostruoso product placement. E ci viene un po’ voglia di piangere
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