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Warrior

Regia di Gavin O'Connor vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Warrior

di hallorann
4 stelle

“ROCKY travestito da FIGHT CLUB” ha scritto un noto critico riguardo WARRIOR, ultimo film (speriamo sia davvero l’ultimo) di una lunga serie dedicata al riscatto di pezzi della società americana grazie alla boxe o alle arti marziali o alla lotta MMA come in questo caso. Gavin O’Connor ha scritto e diretto (e interpretato un piccolo ruolo simbolico) l’ennesimo dramma americano familiar-sportivo intriso di ruffianeria, retorica e buoni sentimenti ben mascherati. Per quasi due ore assistiamo ai musi lunghi di Tommy Conlan che rientrato dall’Iraq si rifugia da un padre che non ha amato mai. Chiede di allenarlo senza troppe spiegazioni e complimenti per un torneo di arti marziali, Paddy solo e ripulitosi da un passato di alcolista accetta. Brendan Conlan è un apprezzato professore di fisica al liceo, sposato con due figlie, per pagare il mutuo della casa dice alla moglie di fare il buttafuori in un strip-club, in realtà essendo un ex campione di lotta combatte un incontro e viene sospeso dall’insegnamento. Ora è obbligato a tornare sul ring allenato dall’esperto e innovativo Frank Campana. Ad Atlantic City inizia “Sparta” il torneo mondiale in cui si contenderanno il titolo e un ricco premio sedici campioni di MMA. Tommy e Brendan fratelli divisi e opposti, ma uniti solo dal disprezzo verso il padre si sfideranno. Il primo è un eroe di guerra e ha promesso il premio finale alla vedova di un soldato amico, l’altro invece lo utilizzerà per pagarsi la casa e non finire sfrattato con la famiglia. Finale strappalacrime, per chi se le vuole strappare. WARRIOR ha una trama prevedibile perché sappiamo dopo mezz’ora che i due fratelli coltelli si scontreranno in una gara (quella finale guarda caso) e che prima di questa parleranno a muso duro, ognuno chiuso nel proprio rancore e ancorato alle sue ragioni. E sappiamo che alla fine si abbracceranno, evviva! Tommy è perennemente incazzato col mondo intero, la sua specialità è la vittoria lampo, vince e fugge come nella vita. L’interprete Tom Hardy gioca facile con quel collo taurino che si ritrova, talvolta più espressivo e volitivo del suo grugno. Brendan (interpretato dal monocorde Joel Edgerton) è più resistente del marmo, deve esserlo se non vuole perdere la bella moglie e la casetta. Non c’è neanche la soddisfazione di scommettere su Tommy vincitore perché intuiamo (anche stavolta) che la famiglia deve trionfare. E’ ruffiano perché dalla sospensione da scuola alla retorica “stelle e strisce” sulla patria, sugli eroi e sul dolore dei reduci dalle guerre tutto è finto e gonfiato dagli incontri che strizzano l’occhio alla virilità e goduria dello spettatore (e del preside amico etc. etc.). Ed è moralmente discutibile quanto la condotta dei figli ostili e ostinati con il padre. Del passato dei tre protagonisti sappiamo poco e il regista non ci aiuta granché a sbrogliare la matassa. Sappiamo solo che il grande Nick Nolte è costretto a ciondolare da un figlio all’altro in cerca di perdono, ragazzi è quasi mille giorni che non beve! Niente, lo respingono, lo sfruttano (come Tommy) per gli allenamenti, lo ignorano e se fa qualche domanda di troppo gli tirano pure i gettoni in faccia. Il suo sguardo alla fine, da capitano Achab prima ferito e poi fiero, salva se stesso ma non il film.

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