Regia di Declan Donnellan, Nick Ormerod vedi scheda film
Racconto di trionfo della mediocrità, Bel Ami. Storia di un seduttore deve al romanzo di Maupassant le uniche luci. Georges Duroy è simbolo ottocentesco di bieco arrivismo. Uomo dalle limitate virtù intellettuali, in quel di Parigi sfrutta il sesso come grimaldello per il potere sociale, indispensabile in un mondo dove a comandare sono mogli facilmente circuibili nel nome di umori, ormoni e passioni. Lo scontro di classe diviene incontro erotico in una svilente sovrapposizione tra corpo politico e corpo desiderante, merci di scambio allora come oggi. Il materiale per un’opera ad alta intensità drammaturgica c’era tutto, ma i semidebuttanti registi e la sceneggiatrice semplificano i personaggi, strillandone la natura ambigua in dieci minuti iniziali a prova di idiota, stracolmi di superfici riflettenti, ombre e inquadrature dalla nuca di Duroy. Le onnipresenti partiture ad archi, l’abuso di inquadrature dal basso e il didascalismo dialogico appesantiscono una narrazione stanca, incapace di funzionare tanto come affresco di un’epoca quanto come film di attori, e privata del necessario, morboso erotismo tanto presente in Maupassant. Il terzetto Thurman/Ricci/Scott Thomas è pudico e asessuato più che mai. Mentre Pattinson sbarca dal Pianeta Twilight riversando su schermo il prevedibile e ingessato campionario di edwardiani ammiccamenti. Le ambizioni di Donnellan e Ormerod erano alte: la caduta è stata rovinosa.
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