Regia di Michael Sucsy vedi scheda film
“La memoria del cuore” (The Vow, 2012) è il secondo film del regista Michael Sucsy.
Un film americano. Chi desidera intenerirsi nel giusto, chi vuole rilassarsi con delicatezza, chi vuole pensare senza pesantezza e, soprattutto, chi è deliziato da un prodotto medio (cosiddetto) e ne esce fuori soddisfatto (o quasi), questo è il film per voi. Un’opera che nella sua dignità di fondo sfodera battute, ambienti e mixage degni di un film di genere e ricordare.
E’ ‘il giuramento’ di fedeltà di un cinema che gradevolmente affievolisce la commedia romantica che fu ma, nello stesso tempo, ne rinforza modi e sapori oramai persi e dispersi. Un romanticismo d’acchito per niente frugale e facile: con risvolti sociali e metalinguistici il film sfugge, quasi sempre, alla convenzionalità obbligata e disegna un percorso sentito e per nulla scontato. Tratto da una storia vera (come viene detto all’inizio e prima dei titoli di coda con la foto della famiglia di riferimento) la storia riesce a coinvolgere senza eccedere nel mieloso riverente e nel lacrimevole facile. Senza nulla dire un interessante prodotto che ritaglia la vita simil borghese in modo efficace e antropologicamente vera: ambienti e colori si incrociano in un turbinio emozionante con in contraltare le panoramiche e il metrò sempre in partenza. Sembra di vivere dal basso la scintilla fugace di un amore sconfinato (prima del fuori orario notturno) di una coppia ancora da svegliare (dopo l’impatto). E sì che i due giovani sono usciti da un cinema da sogno e si ritrovano viepiù fuori di testa quando vedono il manto nevoso sopra la propria auto (e pensare che ‘quando siamo entrati c’erano due centimetri’) che diventa l’inizio di una storia da rifare (un tamponamento porterà gravi sconvolgimenti fisici e psicologici).
Leo (Channing Tatum) e Paige (Rachael Mc Adams) sono una giovane coppia sposata piena di entusiasmo ma un incidente farà cambiare la loro vita per sempre. Leo riesce a rimmettersi al meglio mentre Paige subisce un forte trauma (con la memoria che subisce un taglio quasi netto). E da qui che le loro vite, la famiglia di lei (Bill e Rita Thornton), gli amici di lui, il lavoro, l’ex fidanzato di Paige, gli amici e un nuovo inizio di coppia si scambiano, si penetrano, si scontrano e si aiutano per rimettere i cocci insieme.
“Chi è il presidente”, “…del nostro Paese..”, “Sì”, “Obama”, “Il senatore!?”, “Tu l’hai votato…”, “Veramente…!” chiude Paige. In questo scambio di battute c’è il tanto e il nulla del mondo americano. La memoria (vera) della protagonista diventa memoria (falsa) del cittadino comune che dimentica (e chi può biasimarlo?) del voto precedente…anche perché quello che viene non si sa ma qauello che è stato…un mezzo disastro. Sarebbe bello ricordare tutto il giusto fatto ma non di meno non si può far finta di non capiure perché un’amicizia può restare e un’altra può finire (ed era già finita quella tra Paige e Gwen per la brutta storia tra la ex-migliore amica e suo padre che ritorna a galla nonostante la memoria langue ancora). Un mercato di livello borghesemente falso desta e ridesta animosità, incomprensioni, fallosità e speranze morte. Bill (un Sam Neill convincente) tenta per la seconda volta di (ri)appropriarsi di sua figlia ma l’errore dello studio universitario c’è stato e tale rimane (si può cancellare la memoria ma non i tempi vissuti e convissuti) e ogni suo gesto appare ingannevole due volte (appunto) mentre Rita (una Jessica Lange con rughe accattivanti e uno sguardo di rimpianti filmici e vitali) si è adoperata a tenere saldo il nucleo famigliare nonostante tutto. Il dialogo mamma-figlia a tal proposito (senza esposizioni teatrali forti e vistose) rimane ed appare ben girato (con una Lange in grande spolvero come d’altronde in tutto il film). Il termine ‘perdono’ ha un significato per una famiglia come quello dell’inganno tra persone di ieri come quelle di oggi.
Un paio di sequenze appaiono facili e ammiccanti per il pubblico (tutto): il dormire nudo sul divano di Leo (nel momento che pensa di ritrovare subito la vita di coppia con Paige). “Oh!”, “Ma tanto l’hai visto”… E sì che la memoria non c’è ma un barlume (cine) basta a avanza; inoltre la scena della festa e lo scontro tra Leo e Jeremy appare virtuoso e poco incisivo). In ogni caso i pregi (per mio conto) sovrastano i difetti (qualche leccornia di scrittura) ma tutto va avanti con uno stile dimesso e personale.
I due attori in coppia riescono a tenere il passo della storia ma rimane al pubblico la classe recitativa della Jessica Lange (che aveva lavorato col regista nel suo film precedente) e la posa in set di Sam Neill. Da rilevare l’ottima ambientazione (nei luoghi e dintorni) in una Chicago ben ripresa e fotografata.
La regia di Michael Sucsy è sempre attenta e, quantomeno, mai banalizza il racconto. Bella (e arditamente favolistica) l’inquadratura finale. Appunto un film americano (per chi ne apprezza gusti e retrogusti) dal melò dentro una scatola di cioccolatini.
Voto: 7+.
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