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La kryptonite nella borsa

Regia di Ivan Cotroneo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La kryptonite nella borsa

di steno79
7 stelle

Ivan Cotroneo è uno scrittore di narrativa, nonchè sceneggiatore di film come "Io sono l'amore" di Guadagnino e "Mine vaganti" di Ozpetek e di molti prodotti televisivi fra cui la fiction "Tutti pazzi per amore". "La kryptonite nella borsa" segna il suo esordio alla regia, tratto dall'omonimo romanzo scritto dallo stesso Cotroneo. E' una vicenda dai toni largamente autobiografici ambientata nella Napoli degli anni '70 in cui un bambino di nove anni, Peppino, cresce in una famiglia non troppo equilibrata, con un padre commerciante che tradisce sfacciatamente la moglie, la quale sopporta in silenzio fino ad un certo punto, ma poi cade in depressione e per rimettersi ha bisogno delle cure di uno psichiatra che sembra molto interessato a lei. Peppino non si trova bene a scuola, è spesso solo oppure in compagnia di una coppia di zii che giocano a fare gli hippy, e perde precocemente l'amato cugino Gennaro che si vestiva da Superman e nascondeva un segreto ancora inconfessabile per l'epoca...
Il film è molto curato e ha delle buone qualità cinematografiche, che spesso non si trovano nelle opere prime degli esordienti di casa nostra. Cotroneo si è circondato di valenti collaboratori, fra cui il navigato operatore Luca Bigazzi, senz'altro uno dei migliori direttori della fotografia italiani, che adopera cromatismi molto accesi e tonalità calde e sature che fanno quasi pensare a certi film di Almodovar, oppure alla fotografia di Vittorio Storaro in certi film di Bertolucci come Il conformista. Il ritmo è abbastanza scorrevole, la rievocazione ambientale è precisa, ma una delle qualità principali della pellicola risiede nel buon apporto degli interpreti, tutti abbastanza convincenti, fra cui spiccano soprattutto una Valeria Golino più misurata del solito (ed è migliorata anche sotto il profilo della dizione), un Luca Zingaretti perfettamente a suo agio nel ruolo del marito fedifrago e, fra i caratteristi, soprattutto Fabrizio Gifuni, che lascia il segno del suo talento pur avendo poche scene a disposizione. Anche il bambino che interpreta Peppino è stato scelto e diretto con intelligenza. Se gli attori sono bravi, a livello di sceneggiatura, però, non tutti i conti tornano, e mi sembra un pò strano visto che Cotroneo è fondamentalmente uno sceneggiatore. La Napoli che ci presenta non eccede in folklore, ma la vicenda di corna che sta alla base di tutto è un pò risaputa, direi perfino prevedibile nello svolgimento, e la definizione di "film sull'amore" che la voce fuori-campo ci fornisce all'inizio mi sembra un pò troppo enfatica. Adesso purtroppo sono costretto a spoilerare, cosa che generalmente non faccio nelle mie recensioni, ma il finale non mi ha del tutto convinto. Se da un lato ne apprezzo, come è ovvio, l'invito alla tolleranza in materia di omosessualità (che per Cotroneo è anch'esso autobiografico), mi sembra che però questo elemento giunga in maniera un pò troppo fulminea: francamente, fino a quel punto non avevo compreso che Peppino avesse questa tendenza sessuale, mi sembra che il racconto resti un pò troppo cauto in questo senso, forse era il caso di esplicitarlo maggiormente già da prima... Per il cugino Gennaro, certamente il regista ci aveva dato maggiori indizi, ma il racconto conserva in ogni caso un certo margine di ambiguità e, se si voleva caricarlo alla fine di questa valenza, magari si poteva farlo in un modo meno "fiabesco" e più realistico per ottenere un impatto maggiore, ma senz'altro con una preparazione più graduale dello spettatore. Comunque, pur con questi limiti, il regista riesce in genere a non appesantire troppo il filo del discorso, aiutato da una fotografia sgargiante e da una colonna sonora pop dove si riascolta volentieri la voce di Mina e un arrangiamento in italiano di "These boots are made for walkin'" di Nancy Sinatra.
voto 7/10

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