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La kryptonite nella borsa

Regia di Ivan Cotroneo vedi scheda film

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La recensione su La kryptonite nella borsa

di OGM
8 stelle

Il mondo visto attraverso gli occhialoni da miope del piccolo Peppino Sansone. Che fungono da  lente deformante per le bizzarrie di un’epoca di grandi fermenti. E fanno da lente di ingrandimento per lo stato d’animo più diffuso e inconfessabile, che è la vergogna: la sensazione di inadeguatezza che ci fa temere di essere considerati diversi e quindi disprezzati. E che spinge i personaggi di questa storia a tacere, mentire, mascherarsi, fuggire, chiudersi nella depressione, fino a decidere di farla finita. Gli Anni Settanta sono stati un periodo di grandi trasformazioni interne alla società, alle quali però quest’ultima, nel suo complesso, ha voluto opporre una strenua resistenza. Il risultato è stata la forzata inerzia del decennio successivo, in cui tutto sembrava innaturalmente fermo: l’illusione, creata ad arte, di un mondo immodificabile,  governato da un equilibrio di potere così solido da poter durare per sempre. Il romanzo di Ivan Cotroneo ritrae, all’interno di un microcosmo familiare della sua Napoli, quel contrasto tra una rivoluzione timida e una controrivoluzione passiva nel quale ciò che si pensa non si può dire e ciò che si fa viene coperto. Agli occhi del bambino protagonista, la vita degli adulti deve sembrare un gioco a nascondino, nel quale i momenti importanti e le verità decisive sono tenuti segreti. Il padre spesso lo allontana con una scusa, per potersi appartare con l’amante, la madre viene colpita da un improvviso, profondo malessere dell’anima di cui non vuole rivelare la causa, i suoi zii Salvatore e Titina frequentano feste e raduni durante i quali si compiono riti proibiti di cui non si deve parlare. Solo Peppino si rifiuta di prendere parte a questo universale culto del mistero, ed insiste a voler guardare, ad aguzzare la sua debole vista fino a mettere fuoco l’invisibile. Soltanto a lui appare il fantasma del cugino Gerardo, un ragazzo che si credeva Superman ed è morto (forse volontariamente) investito da un bus. Lui è l’unico, del resto, a cui possano essere indirizzati i messaggi di uno spirito indipendente, la cui missione è guidarlo attraverso un percorso esistenziale che, per colpa dei grandi, è cosparso di ipocrisie e menzogne. Questo film ha il sapore, un po’ stantio, del perbenismo infranto dalla disillusione: il mito di un felicità casalinga basata sulla tradizione è crollato, ma le alternative sono ritenute ancora troppo devianti per poter essere ufficialmente adottate. Tutti soffrono per il dramma di non essere liberi di far di testa propria, di mostrarsi pubblicamente per quello che realmente sono, anche a costo di deludere le aspettative degli altri. Federico, lo zio di Peppino che da cinque anni tenta inutilmente di preparare il suo primo esame all’università, non vuole ammettere nemmeno a se stesso di non essere all’altezza del compito. Ognuno rimane schiacciato a terra dall’impossibilità di ribellarsi a quell’assurdo muro del silenzio, rivendicando l’evidenza dei fatti. Ignoranza è aderire ottusamente ai canoni vigenti, anziché aprire la mente e prendere atto delle differenze. Questa è la vera miopia, un handicap molto più serio e dannoso del disturbo mentale di Gerardo o della zoppia di Elio, perché è tale da arrivare ad uccidere: nel film ne saranno simbolicamente vittime, in altrettante circostanze, tre innocenti e tenere bestiole, che non arriveranno mai a mettere le ali. L’idea del volo negato domina l’intera storia, e fornisce la chiave di lettura del finale. La kryptonite nella borsa ci invia una boccata d’aria viziata, proveniente da un’epoca che forse, a torto, ricordavamo o immaginavamo molto diversa, non così somigliante ai secoli bui.

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