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Ballkan Bazar

Regia di Edmond Budina vedi scheda film

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La recensione su Ballkan Bazar

di OGM
6 stelle

Ruspante guazzabuglio italo-franco-greco-albanese, agreste e grezzo, e quasi croccante. Una bara finita fuori rotta dà l’avvio ad un traffico internazionale di ossa umane, che però è solo inventato. Si scoperchiano le tombe, si incrociano i ricatti, e di colpo si abbattono le barriere culturali. Corpi vivi e corpi morti si rimescolano, seminando la pace nel mondo. In fondo, siamo solo carne senza identità. Eppure, inconsci di appartenere allo stesso calderone ribollente di sostanza organica,  guerreggiamo l’uno contro l’altro, solo per ridurci a scheletri inscatolati, e inutilmente coperti dalle bandiere nazionali. I resti di un eroe francese vengono trasferiti in seguito ad un divorzio. La cassetta, durante il viaggio, si perde, e la figlia e la nipote del defunto sono costrette a cercarla attraverso l’Europa, fino ad approdare ad un remoto villaggio dei Balcani. Per scoprire, dopo aver attraversato mille traversie e l’ostilità della popolazione locale, che la vera libertà - quella per la quale aveva combattuto il loro illustre congiunto – si trova, semplicemente, lasciando da parte le differenze e le incomprensioni.  Protagonista del film è un folklore negativo che fa propri i pregiudizi, amalgamandoli con una puntina di umorismo nero. Il campanilismo si aggrappa alle fosse, in una contesa territoriale riguardante i camposanti ed il loro funesto contenuto. Forse i grandi conflitti che infiammano il mondo hanno davvero, per oggetto, niente altro che materia inerte e decomposta. Questa commedia, indipendente ed arruffata, utilizza il caos come provocatorio strumento di riconciliazione: la commistione etnica è una spinta ancestrale che non guarda in faccia a nessuno, e si scatena nei luoghi dimenticati dall’uomo, nei deserti in cui la civiltà non ha ancora capito come organizzarsi. Mentre i poteri locali – politici e religiosi – fanno il belle e il cattivo tempo, gli interessi della gente comune stentano a farsi collettivi per contrastare i soprusi e le ruberie. I furti di cadaveri, commessi dal sacerdote ortodosso per ragioni puramente diplomatiche, accendono gli animi degli abitanti del posto intorno alla questione delle memorie di famiglia, ed al richiamo del sangue a cui bisogna rispondere anche onorando la memoria degli antenati passati a miglior vita.  La presenza di due straniere attraenti e spregiudicate non fa che soffiare sul fuoco della polemica, aggiungendo una piccante provocazione rivolta alla virilità degli uomini, e portando lo scompiglio con l’invincibile arma della seduzione. Le tentazioni – del sesso e del denaro – inizialmente dividono i fronti per poi scombinarne la geometria, buttando all’aria i preesistenti rapporti di forza. Il mercato si trasforma così in un bazar pullulante di incongruenze, immerso nella penombra di un’ambiguità truffaldina che però, sotto la spinta dell’istinto animale,  non tarda a scoprire le carte. Edmund Budina dipinge, con pennellate frettolose ed arrabbiate, un paesaggio rurale turbato da una grottesca allegria intinta nella primitività. La confusione regna sovrana, e  l’approssimazione pure; tuttavia sorge il sospetto che, in questa formicolante miscela, non tutta l’incoerenza sia frutto di una studiata operazione estetica. 

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