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Mosse pericolose

Regia di Richard Dembo vedi scheda film

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La recensione su Mosse pericolose

di maurizio73
6 stelle

Didascalico e cerebrale,appesantito da un commento musicale di cacofonie assotite ha il pregio di riflettere un gusto del paradosso che insegna più di molti resoconti biografici,assestando nella magistrale chiusa in campo stretto il colpo di genio di una mossa sghemba di una partita finale giocata a memoria fino allo scacco matto di un dolce morte.

La sfida per il titolo mondiale di scacchi tra il vecchio e tenace Liebskind, detentore del titolo e ambasciatore del prestigio sovietico in occidente, ed il giovane e irruente Fromm, genio precoce e dissidente politico in esilio, trasforma la neutrale sede ginevrina in un agone sportivo dove si contrappongono furore ideologico e mai sopiti livori personali. Se il primo è male in arnese a causa dei problemi di cuore, il secondo soffre per una moglie lontana cui è stato fatto divieto di espatriare. Tra colpi bassi e idiosincrasie personali, tra i due contendenti sarà la passione per il gioco alla fina a prevalere.

 

 

Prendendo le mosse dalla famosa sfida Karpov-Korchnoi (in realtà due: quella filippina del 1978 e quella altoatesina del 1981) e riproponendo idealmente il terreno di scontro ideologico che aveva contraddistinto nel decennio precedente la tenzone islandese del duo Spassky- Fischer, il regista e sceneggiatore Richard Dembo imbrocca il film della vita con questa biografia dell'immaginario sportivo che innerva le tensioni emotive e le passioni politiche dei suoi personaggi lungo le consolidate direttrici del cinema d'autore, alternado il gusto del grottesco nell'esagitazione dei personaggi alle ambizioni didascaliche del film a tema ed appesantendo la narrazione con i lugubri cascami di un'atmosfera mortifera. Psicodramma teatrale centrato sullo spartiacque della storia, una sfida a scacchi che simula le ultime schermaglie della guerra fredda, fra un anziano rappresentante della nomenklatura a cui presto cederà il cuore ed un giovane dissidente con il cuore oltrecortina ma con il tempo dalla propria parte. Se gli apparati dell'ideologia dominante esprimono ancora ieratica autorevolezza e si sparano le ultime cartucce di patetiche ritorsioni trasversali, sono il disincanto e l'incoscienza del cambiamento che animamo lo spirito di un paranoico compulsivo abbacinato dal miraggio del pensiero magico e di un destino prossimo ad avverarsi. Le carte, o meglio i pezzi sulla scacchiera sono rimescolati a caso per stornare il sospetto di vicende e protagonisti reali ancora troppo scomodi e permalosi, sostituendovi una coppia di alter ego che ne riproducano mimiche e idiosincrasie, ma arruolando l'ideale consulenza dei loro predecessori secondo una curiosa e provocatoria inversione dell'ordine (Spassky che si propone come delatore interessato per l'esule, Fischer che si cimenta come geniale sparring partner per il bolscevico) in un gioco di specchi che alterna finzione e realtà, verosimiglianza e implausibilita, sostanza delle dinamiche della storia e suggestive speculazioni dell'arte. Alternando con un certo schematismo gustose scene di tenzone mediatica alle complicazioni sentimentali nel dietro le quinte, il film di Dembo soffre per una fondamentale inconsistenza della trama ed un disegno abbozzato dei caratteri, pur contando sulle atmosfere glaciali e rarefatte di una Svizzera neutrale come poteva esserlo al tempo del dorato esilio dell'ideologo Lenin (appassionato promotore del gioco in patria) e imparziale come non lo è mai stata, con tutte le sue banche sul lungofiume e in suoi interessi commerciali al crocevia di due mondi in perenne competizione. Eccessivamente didascalico e cerebrale, appesantito da un commento musicale di cacofonie assortite, ha comunque il pregio di riflettere un gusto del paradosso che insegna più di molta cronoca spicciola e dettagliati resoconti biografici, assestando nella magistrale chiusa in campo stretto il colpo di genio di una mossa sghemba (quella dell'alfiere, chiamato il 'le fou' nel gergo transalpino) di una partita finale giocata a memoria fino allo scacco matto di un dolce morte. Straordinaria come sempre la presenza scenica di un giganteggiante Michel Piccoli e primo Oscar per il miglior film in lingua straniera per la nazione elvetica agli Academy Awards 1984.

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