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Alzheimer's

Regia di Amr Arafa vedi scheda film

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La recensione su Alzheimer's

di OGM
6 stelle

Mahmoud Shuaib è un anziano vedovo egiziano. Ed è affetto dalla malattia di Alzheimer. La sua smemoratezza presenta connotati in parte comici, però sottende il dramma indescrivibile di un uomo che, ogni giorno, vede svanire una parte del suo mondo. Abita in una villa ampia e lussuosa, ma quel luogo, ai suoi occhi, si va via via trasformando in uno sconosciuto deserto di solitudine, in cui tutti i volti gli sono estranei, comprese le sue stesse immagini, riprodotte nelle fotografie di gioventù. I suoi due figli, Karim e Samih, vorrebbero tenerlo sotto chiave, impedendogli di uscire di casa, oppure ricoverandolo in una clinica, ma Mahmoud non intende rinunciare alla propria libertà. La situazione, fin qui,  appare fin troppo semplice e convenzionale. A complicarla interviene però la ricchezza del protagonista, che riempie lo scenario di cameriere, infermiere ed inservienti, di amici facoltosi, di amanti a pagamento e, soprattutto, di complotti per mettere le mani su quel bendiddio. Tutto ciò che può fare da corollario ad una dorata sofferenza, costruendo una finta atmosfera di disinteressata partecipazione, si affolla  intorno al povero Mahmoud, aumentando il suo disorientamento. Il disordine aggrava il suo senso di inadeguatezza, facendolo lentamente scivolare nella rassegnazione. Tuttavia basterà una sconvolgente scoperta a ridestarlo dalla malinconia, inducendolo a  passare all’azione; finirà così per diventare egli stesso il regista di quel buffonesco teatrino. La storia, dopo varie peripezie, si ribalta, e prosegue il suo cammino travagliato con i ruoli  invertiti. Il percorso è lungo e faticoso soprattutto perché zoppicante, costretto a barcamenarsi in mezzo a gag e caricature spesso non perfettamente amalgamate al contesto, e a scendere a patti con un moraleggiare spicciolo da fiaba per l’infanzia. La commedia borghese esagera col trucco, si mette addosso gli abiti del circo e fa i salti mortali in uno spettacolo acrobatico che non le appartiene: sono gli eccessi con cui vorrebbe sottolineare il dolore e condannare l’avidità, ma che invece rendono il gioco solo goffamente spietato e languidamente artificioso. Le lacrime vere affondano in questo mare di scherzi da varietà, anche se un riflesso della loro amara bellezza riesce comunque ad affiorare, tra le battute scontate o infelici, diluendone la grossolanità in una struggente implorazione di aiuto. Il film è una sitcom del conflitto generazionale, in cui il rapporto tra padri e figli si basa sul sotterfugio e sulla vendetta, mettendo da parte i sentimenti fino a che la partita non possa dirsi chiusa.  La posta in ballo è consistente, ma i protagonisti possono permettersi di rischiare perché hanno le spalle coperte dalla loro privilegiata condizione sociale: ed è questa prerogativa a pesare sul sottotesto del film, sottraendovi credibilità ed efficacia. Alzheimer’s edifica un impianto gioioso, ma un po’ pacchiano, sopra una delicata verità familiare ed umana: quella secondo cui l’affetto e la comprensione sono le componenti più importanti, ma anche più fragili, dei legami in cui si nasce, e che ci si rammarica di non poter cambiare.

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