Regia di Kevin Smith vedi scheda film
Rules of Engagement.
Kevin Smith, dopo gli strapiombi nell'idiota - una qualità: non avendo assistito all'opera in questione non so dire se declinata in positivo o in negativo - con “Cop Out”, sceneggiato dai Cullen Brothers del Saturday Night Live (ai quali Bruce Willis darà una seconda possibilità, A.D. 2017, previa assenza di Smith, con “Once UpOn a Time in Venice”), ritorna in gioco scrivendo, dirigendo e montando questo “Red State” (↔sesso↔religione↔politica↔), costola di “Dogma” -[nel buon e irrisolto film del '99, sorto dalle ceneri dell'Assedio/Massacro di Waco, Texas, del '93, ci si confrontava non solo con gli avventisti davidiani di David Koresh ma con tutti i cristiani cattolici (1 miliardo e 300 milioni), qui ci si limita a sbertucciare in chiave horror, sarcastica e paro-d/ss-istica la manciata di appartenenti alla Chiesa Battista (cristiani protestanti e puritani) di Westboro di Fred Phelps, innestando questa deriva locale nel sempiterno clima para-fascista di ritorno che scorre nelle vene del Mondo: armi da fuoco semi-automatiche, fanatismo/fondamentalismo, isolazionismo, razzismo/omofobia]- e germe della “True North Trilogy” (“Tusk”, “Yoga Hosers” e “Moose Jaws”).
- “Le persone fanno le cose più strane quando credono ne abbiano diritto.”
- “Ma fanno cose strane anche quando semplicemente credono.”
Due scene per amare questo film: il netto stacco a nero, potente, ad introdurre l'entrata in scena di Goodman, e il film riparte, poco prima della metà, e, poco prima del termine, il tentativo di proseguire oltre la fine di “Breaking the Waves”, con un corto-circuito a-morale (sarcastico, cinico, demenziale) da brividi…
- “What is this, September 10, 2001?”
- “Patriot Act, bitch.”
Michael Parks, Melissa Leo e John Goodman sono uno più brava dell'altro, ad libitum.
Affiatato e funzionale il trio di giovani attori (Michael Angarano, Kyle Gallner, Nicholas Braun), al quale si aggiunge una più che buona prova di Kerry Bishé.
Camei e piccoli ruoli per Anna Gunn, Stephen Root, Patrick Fischler, Ralph Garman, James Parks, Kevin Pollak, Matt Jones…
Fotografia di David Klein, storico collaboratore di Smith, qui alla per ora ultima partecipazione ad un film del regista.
Note.
• Sull'edizione italiana.
Doppiaggio discreto, traduzione incredibilmente mentecatta.
Prendete ad esempio lo scambio di battute seguente:
- “Quanto pensi possa costare una croce come quella?” (“How much you think a cross like that costs?”)
- “Intendi in dollari o in buon senso?” (“You mean in dollars or common sense*?”)
- “Ah! Zing!”
* “Common”, in questo caso, è più vicino a “buon” che a “comune”.
Ecco, nella versione in italiano viene così reso:
“Quanto costerà una croce come quella?”
“Più di quanto possiamo permetterci.”
“Ah, è vero.”
Che siete delle bestie (di Satana).
• Sulle percussioni, i fiati e gli ottoni, le corde e gli archi celesti, e su tutti questi miracoli (crudeli).
“Ordet” di Carl Theodor Dreyer (1955) – resurrezione
“il Giudizio Universale" di Vittorio De Sica (1961) – 'amo scherzato
“Andrej Rublëv” di Andrej Tarkovskij (1966) – campane
“Tristana” di Luis Buñuel (1970) – campane (onirico)
“la Battaglia di Kerzenets” di Juri Norstein e Ivan Ivanov-Vano (1971) – campane
“Solaris” di Andrej Tarkovskij (1972) – levitazione
“Glocken aus der Tiefe” di Werner Herzog (1993) – campane (finzionale artefazione artata del mockumentary bigger than fiction)
“Breaking the Waves” di Lars von Trier (1996) – campane
“l'Humanité” di Bruno Dumont (1999) – levitazione (il santo assassino che si libra su rucola e cicoria)
“Batalla en el Cielo” di Carlos Reygadas (2004) – campane
“Luz Silenciosa / Stellet Licht” di Carlos Reygadas (2007) – resurrezione
“Take Shelter” di Jeff Nichols (2011) – levitazione
• Sul film.
Credo - pardon: penso -, ad oggi (e forse per sempre), che “Red State” sia (e rimarrà) il miglior film di Kevin Smith: * * * * ¼ - 8 ½.
"Shut the fuck up!"
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