Regia di Peter Weir vedi scheda film
Un inventore dilettante, genialoide e logorroico e con l’ossessione di costruire una macchina per produrre ghiaccio, lascia gli Stati Uniti, tirandosi dietro la riluttante famiglia formata da moglie e quattro figli, per andare in un posto sperduto nella giungla sudamericana a fare il Robinson: sviluppa un piccolo insediamento trasformandolo in un avamposto di civiltà, ma poi per un fatto drammatico è costretto ad abbandonarlo e va allo sbando, sempre più instabile mentalmente e sempre più alienato dal consorzio umano. Come in quasi tutti i film di Weir, c’è qualcosa che non mi convince fino in fondo. La sceneggiatura di Schrader disegna un personaggio profondamente ambiguo: Harrison Ford è paranoico e anche un po’ stronzo, ma d’altra parte rappresenta una razionalità distorta e allucinata, opponendosi al personaggio del missionario che esorta gli indigeni alla rassegnazione, e alla fine diventa quasi un martire del progresso. L’antidoto, come al solito, ce l’hanno le donne: il sano buon senso di Helen Mirren, il malizioso disincanto di Martha Plimpton.
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