Regia di Charlotte Silvera vedi scheda film
C. Silvera ancora una volta alle prese con l'analisi delle frustrazioni generazionali con un dramma dell'assedio un po' verbosetto e noiosetto. Una Arancia Meccanica in salsa tartara, dotata comunque di una certa implacabilità teatrale, anche grazie all'uso appropriato dei campi stretti ed alla presenza scenica di una superlativa Carmen Maura.
Quando alcuni studenti suonano alla porta di casa della preside della loro scuola con fiori e regali per il suo compleanno, lei non può minimamente immaginare quali siano le reali intenzioni del gruppo, disposto a tutto pur di convincerla a far loro superare l'esame di maturità con cui potranno accedere ai corsi universitari e soddisfare le aspettative di facoltosi ed esigenti genitori. Purtroppo per loro, non hanno fatto bene i conti con la tenacia della donna e con i dissidi interni al gruppo.
Recludendosi nel dramma da camera di impianto teatrale della piece di Lyudmila Razumovskaya (pure sceneggiatrice) da cui è tratto il film, Charlotte Silvera ancora una volta alle prese con l'analisi delle frustrazioni e delle frustrazioni di generazioni adolescenziali che si affaccianno alle dure responsabilità dell'età adulta (C'est la tangente que je préfère), facendo emergere tanto la loro incapacità di elaborare una qualunque etica sociale degna di questo nome, quanto le manchevolezze di un mondo della formazione (la scuola, la famiglia, le istituzioni in generale) che non sa e forse non vuole comprenderli fino in fondo. Preceduto dagli echi di una cronaca delle barricate che rimbalza dai notiziari televisivi come il triste preludio di un racconto a tema, il film della documentarista francese si incammina verso un binario principale in interni da 'Arancia Meccanica' in salsa tartara appena movimentato da un montaggio in esterni che vorrebbe vivacizzarne il ritmo, spostando il baricentro della tensione al di fuori del claustrofobico perimetro in cui sembra volontariamente rinchiudersi dall'inizio del racconto. Ritornano come un mantra i temi di una deriva della civiltà dell'informazione dove le estensioni della medialità costituiscono solo l'ultimo ritrovato attraverso cui declinare gli strumenti al servizio di uno spaesamento morale che cita (a sproposito?) Dostojevskij ed il vuoto etico di generazioni senza tabù (il sesso, il denaro, la morte) e pertanto disposte a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi. Il risultato è un dramma dell'assedio un po' verbosetto e noiosetto che pure è dotato di una certa implacabilità teatrale, anche grazie all'uso appropriato dei campi stretti ed alla presenza scenica di una superlativa Carmen Maura che, se non salva il film dai fischi in sala, comunque riesce a conferirgli quello spessore drammaturgico difficilmente nelle corde della banda di imberbi e quasi esordienti attor giovani, forse con la sola eccezione di Julie Durand. Piccola parte per il buon François Berléand in un ruolo quanto meno defilato. Nomination al Golden St. George al Festival Internazionale del Cinema di Mosca 2011.
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