Regia di Jean-Marie Straub, Danièle Huillet vedi scheda film
Sono di solito scostante nei confronti dello stile spesso antipatico di questi due cineasti (tanto amati per esempio dal caro Enrico Ghezzi - e da una mia carissima amica), ma questa volta non posso non essere attratto dall'operazione, certo garantito dal soggetto: l'opera omonima di Arnold Schoenberg, uno dei suoi più importanti capolavori. Importante sotto più aspetti: come presa di coscienza piena della sua appartenenza ebraica in seguito ai contemporanei provvedimenti antisemiti, ma soprattutto come culmine etico e artistico della sua musica basata sulla codificazione teorica del metodo dodecafonico. La garanzia della musica non è comunque l'unico motivo della riuscita di questo film: pur essendo fedeli alla loro concezione di cinema puramente mentale e straniato, la recitazione non è intaccata, il rigore pur tendendo alla staticità è reso vibrante dalla tensione morale e dalle minime azioni coreografiche (a parte la "violenza" della vera e propria danza intorno al vitello d'oro), le immagini restano impresse nella loro incisiva asciuttezza, nel mistero e nel conflitto della concezione "bifocale" di Dio esplicata dai due fratelli: Mosè quasi sempre in Sprechgesang, Aronne in squillante canto lirico tenorile. 8 1/2
Rimando per più approfondite informazioni critiche sull'opera all'indirizzo http://delteatro.it/dizionario_dell_opera/m/moses_und_aron.php
Esecuzione diretta da Michael Gielen, di impostazione spiccatamente incisiva e violenta, drammatica e aspra.
Questi benedetti sottotitoli bianchi che si mimetizzano sugli sfondi chiari: ci vuol tanto a scurirli leggermente per renderli leggibili? (Osservazione ripetibile per molti altri film)
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