Regia di Takashi Miike vedi scheda film
Questo film può essere un'ottima risposta per tutti quelli che pensano che Miike sia semplicemente un esegeta della trasgressione pura e cruda.
Sun scarred è un' opera rigorosa sia dal punto di vista formale che sostanziale, oserei dire quasi insolita nella sterminata filmografia del regista ma contiene molte tematiche da lui affrontate in numerose altre sue opere
Un normale padre di famiglia che cerca di salvare un barbone dalle percosse di una banda di delinquenti minorenni viene accusato di percosse da parte della polizia e diventa vittima della violenza del capo della banda che gli rapisce e uccide la figlia. Senza contare che la moglie per il dolore segue subito dopo la figlia.
E'un film che affronta molti temi, si pone molteplici domande a cui spesso non è possibile dare risposta.
Quale la giusta colpa per chi uccide un bambino?
E se quel bambino è tuo figlio si può perdonare o è più "normale" passare alla giustizia fai-da-te allorchè le leggi vigenti non garantiscono una pena congrua?
Non è un semplice vendetta movie ma un viaggio doloroso all'interno dei sensi di colpa di un padre che vuole cercare di capire perchè è stato privato delle persone che amava di più.
Inoltre, neanche tanto velatamente è una descrizione impietosa di una società giapponese malata di solitudine e di alienazione, in cui la violenza è considerata un passatempo come un altro.
Commettere atti violenti permette di scalare gerarchie nella considerazione di questi teppisti da strada drogati da modelli comportamentali sbagliati.
Sun scarred parla anche del mefistofelico potere dei mass media, della loro capacità di mistificare solo cambiando l'impaginazione di una notizia, di creare mostri ad uso e consumo dell'audience che in questi casi aumenta a sproposito, sull'influenza che possono avere su quella fetta di opinione pubblica che accetta passivamente tutto quello che le viene proposto dall'altra parte dello schermo.
La legge afferma che un ragazzino sotto i 13 anni è destinato a rimanere impunito anche se commette il peggiore dei crimini.
L'assassino della figlia di Katayama dice ai suoi adepti( perchè in questo mondo dalla percezione distorta chi uccide diventa una sorta di "eroe" da emulare) che questa impunità garantita dalla legge è in pratica una licenza di uccidere.
Ma se uno commette un omicidio volontario e non ha neanche 13 anni siamo autorizzati a chiedere che deve essere comunque punito ?
La società civile con la detenzione e la rieducazione si propone di reinserire poi coloro che hanno sbagliato nel passato.
Ma può veramente cambiare colui che ha ucciso a sangue freddo un bambino?
Miike lascia praticamente la violenza fuori campo e abiura anche dal rosso scarlatto del sangue avvalendosi di una fotografia gelida, dai colori metallici che in certi frangenti diventa quasi un bianco e nero.
La prima parte in cui si descrive la solituidine di Katayama, la sua disperazione e la mancanza di risposte che ha da parte delle istituzioni è decisamente la più convincente.
Il finale è una resa dei conti in pieno stile western che forse stride con la classicità dell'impianto drammatico del film.
Ma è un neo di poco conto in un film che pone interrogativi inquietanti a cui è difficile dare risposte convincenti.
Un Takashi Miike più convenzionale del suo solito ma non per questo meno disturbante.
lo stile è più convenzionale del solito ma è adeguato al tono del film
uno splendido Katayama
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