Regia di Jonathan Levine vedi scheda film
La pellicola diretta da Jonathan Levine (suo l’interessante “Fa la cosa sbagliata”) è il classico esempio di cinema medio realizzato con tutti i crismi del caso, in grado di mescolare diversi sfaccettature e di affrontare una vicenda pregnante, e dai toni di fondo fortemente drammatici, donandogli impulsi anche parecchio diversi, come la commedia più scanzonata (ma non deleteria), costituendo un itinerario lontano dall’essere illuminante, ma soprattutto particolarmente vivo.
E quando la morte aleggia su una storia, questa rimane una qualità preziosa assai rara da conseguire.
Adam (Joseph Gordon Levitt) è fidanzato con la bella Rachel (Bryce Dallas Howard) e se la spassa col suo migliore amico Kyle (Seth Rogen), quando scopre di avere un cancro e la sua vita cambia.
Ogni giorno presenta nuove difficoltà e dubbi sempre più opprimenti sul suo domani, ma questa sfida può anche essere per lui l’occasione di cominciare a vivere una vita diversa vedendo le cose in un modo nuovo.
Ed un aiuto glielo fornisce anche la terapeuta novizia Katherine (Anna Kendrick).
Il film rientra appieno, e senza tentennamenti, nella categoria “dramedy” (ovvero commedia + dramma), entra rapidamente nel vivo (il freddissimo colloquio col dottore che destabilizza) e fa perno su di un percorso ben articolato che sa spaziare con buon equilibrio tra risvolti tumultuosi (il dubbio di non farcela con quelle cinquanta probabilità su cento di farcela) e ondate di irriverenza contagiosa.
Questo grazie al fatto che i personaggi sono caratterizzati decisamente bene, a partire dal protagonista, che presenta un ampio spettro di emozioni da malato (ma non sconfitto in partenza), passando al migliore amico (Seth Rogen è un perfetto amico, tanto scapestrato nella vita, quanto smanioso di rendersi utile sul serio e non per un tornaconto), alla fidanzata impreparata (e che prova a figurare come attenta solo di facciata) per arrivare alla madre angustiata che non può fare a meno di essere pressante e preoccupata (che poi Anjelica Huston sa rendere come si deve).
Per il resto la confezione è ordinata, mentre le scelte musicali sono funzionali ed apprezzabili (Pearl Jam e Radiohead su tutti).
Per chiudere direi che è quindi un film che fa riflettere (senza artificiosità alcuna), divertire (andandoci anche giù duro, vedi la battuta “sbagliata” su Patrick Swayze), senza dimenticarsi l’emozione del cuore (il possibile ultimo incontro tra madre e figlio che veramente non si incontrano da parecchio, fa trasalire con pochissime azioni), con quel finale che, essendo ancora una volta così disinvolto e naturale come buona parte del film, non deve dire una parola di più per essere ricevuto appieno.
Sincero.
Bravo a mettere insieme diverse componenti con leggerezza, ma senza essere distante dal fulcro del'argomento trattato (la malattia).
Bravo, ha una mano sensibile, ma non appiattita.
Prova completa, attore che dimostra sempre di più di essere maturato molto e di essere soprattutto in grado di interpretare una vasta gamma di sensazioni ed aspetti.
All'altezza.
Irruento, ma efficace, viene sfruttato per quello che sa fare (bene), ma soprattutto viene gestito molto bene in un contesto non semplicissimo.
E sicuramente lui è bravo a calarsi nella situazione con il buon cuore che serve, oltre ad una verve irriverente che già conoscevamo bene.
Semplice e genuina, sa come muoversi.
Discreta.
Ruolo alquanto odioso, lei è brava a far risultare superficiale il suo personaggio.
Partecipe.
Poche scene a disposizione, ma il suo apporto non è affatto cosa relativa (gli incontri madre-figlio hanno sempre qualcosa da comunicare e lei permette che ciò avvenga in maniera ancor più efficace).
Presenza preziosa.
Decisamente carina, anche lei protagonista di una notte di divertimento dei due protagonista.
Caratterista che in poche scene sa comunque offrire un buon apporto.
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