Regia di Michael Winterbottom vedi scheda film
L’idea di mescolare il documentario enogastronomico con il recital e il reality può non piacere, ma è comunque un’idea. I protagonisti del viaggio sono due popolari personaggi della tv britannica, che, spostandosi attraverso il Regno Unito, si improvvisano esperti di cucina e si producono, in maniera estemporanea, nei loro pezzi forti, dalla caricatura, all’imitazione, alla declamazione, al canto. Tra un ristorante e l’altro, Rob Brydon fa da spalla al narcisismo di Steve Coogan, che si abbandona all’autocelebrazione, ma con l’eleganza di chi sale sul palco solo per offrire generosamente l’autentica immagine di sé. In questo ritratto sono comprese la stanchezza, le crisi sentimentali, le frustrazioni, e un sottofondo di arroganza che, consapevolmente, viene esposto al pubblico giudizio. L’atmosfera è dimessa, perché improntata ad una libertà espressiva che trasforma l’esibizione in confessione, in riflessione retrospettiva, in speculazione ipotetica: discorsi affrontati con la semplicità della gente comune, ma filtrati attraverso la navigata genialità dell’artista. Il film è di stampo televisivo, ma non perché sensazionalista, ma perché alla mano; e si rivolge allo spettatore con un linguaggio aperto, privo di sovrastrutture mediatiche, che, però, riesce comunque ad amalgamare, con coerenza e discrezione, un contenuto misto di spettacolo, letteratura, informazione e pubblicità. In The Trip convivono pacificamente le citazioni cinematografiche di Michael Caine e Al Pacino, la poesia di Coleridge e Wordsworth, la musica degli Abba e le ricette dei gourmet: un pot-pourri servito con un maturo spirito gaudente, infarcito di saggio romanticismo e stemperato da quell’anticipo di nostalgia che è il tratto distintivo della mezza età.
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