Regia di Douglas McGrath vedi scheda film
Un film immeritatamente bocciato da pubblico e dalla critica, questo I don't know how she does it non sarà un granché cinematograficamente parlando, ma è molto più realistico e molto meno consolatorio di quanto possa apparire ad una visione superficiale. Sarà che sono padre di tre figli con una moglie multitasking come la protagonista (e a mia volta parecchio multitasking anch'io), sarà che mi occupo anche professionalmente di conciliazione famiglia-lavoro, ma ritengo sia una pellicola che tocca molte corde "giuste" in chi vive ménage frenetici, a Londra, a Boston o in una qualunque città dell'occidente produttivo. Andrebbe, di più, apprezzato anche in un'ottica di parità di genere, perché sempre più spesso, al centro della scena - col ruolo di giocoliere - c'è il papà lavoratore: non si tratta dunque di un film banalmente "femminista", ma della descrizione piuttosto fedele della complessità ai limiti dell'invivibilità che genitori lavoratori si trovano a gestire nel contesto socio-economico odierno, con il corredo di capi / colleghi / competitor / genitori-tutta-palestra-e-parcogiochi, che potranno essere caricaturali per esigenze di script, ma esistono, eccome se esistono. Che sia il papà o la mamma a fare le liste, l'insonnia da programmazione esiste, esistono le chiacchierate notturne che sempre più spesso si riducono alla sincronizzazione delle agende, esistono le vacanze tanto agognate che saltano per un meeting programmato da altri. Anche il finale apparentemente posticcio, consistente nel "piazzare" il/la potenziale amante al/all'amico/a single, non è affatto irrealistico. Forse solo chi è immerso in un vortice simile a quello raccontato può apprezzare (e c'è da dire che questo film mi ha riconciliato con Sarah Jessica Parker, attrice che detestavo), ma è bene sapere che c'è chi si è riconosciuto in questa storia, c'è chi ha sorriso non solo alla scena dei pidocchi, ma anche a quella del cellulare che lampeggia sul balcone della casa di vacanza, c'è chi si è quasi commosso non solo alla corsa finale sotto la nevicata, ma anche a quella verso l'ospedale. Insomma, non è un film da liquidare in fretta, foss'anche solo perché è l'unico ad aver affrontato tempestivamente un tema così emergente (se non emergenziale).
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