Regia di Cameron Crowe vedi scheda film
Cameron Crowe, la più giovane firma di “Rolling Stone” degli anni 70, s’è fatto una gavetta da sogno: veniva sguinzagliato sulle tracce delle band che non godevano di grandi favori in redazione come i Led Zeppelin, tanto per intenderci. Appena maggiorenne seguiva gli Allman Brothers in tour, cosa che fornirà l’aneddotica di Quasi famosi. Insomma: Crowe conosce il rock. Tant’è vero che le radici di Pearl Jam Twenty affondano in Singles. L’amore è un gioco, il suo film del 1992 nel quale la band di Eddie Vedder interpreta i Citizen Dick, ossia il gruppo del protagonista Matt Dillon. Non sorprende quindi che a celebrare la band sorta dalle ceneri dei Mother Love Bone e dei Green River, nei cui confronti Kurt Cobain aveva avuto parole di fuoco, sia proprio Crowe. L’approccio è affettuoso, improntato alla complicità, gli eccellenti materiali di repertorio scelti con cura e montati con gusto anche se Pearl Jam Twenty non si discosta dal formato canonico del docurock. Una scelta, se si vuole, consequenziale con il neoclassicismo dei Pearl Jam (che sognano una discografia fitta come quella dei Grateful Dead) e che oggi incarnano l’ideale di rock americano come probabilmente nessuna band prima di loro. Tra i numerosi invitati alla celebrazione, menzione obbligatoria per il compianto Layne Staley degli Alice in Chains. Infine: vedremo mai The Union, il film che Crowe ha realizzato sulla collaborazione tra Elton John e Leon Russell?
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