Regia di Cameron Crowe vedi scheda film
Un ex giornalista musicale (al servizio, tra gli altri, di Rolling Stone e Playboy) divenuto poi sceneggiatore e regista di successo (Singles, Vanilla Sky, Almoust Famous), nonché amico fidato di una delle rockband più note e controverse al mondo ancora in attività: questa la scintilla che ha dato il La a Pearl Jam Twenty, documentario celebrativo del ventennale del gruppo di Seattle. Vita, morte (Il compianto Andy Wood è una delle pagine più belle e vere delle due ore di film) e miracoli non solo di un pugno di musicisti, ma di un vero e proprio movimento culturale legato imprescindibilmente ad un'epoca e ad una città: la Seattle da metà 80 in poi. Il surfista Eddy Vedder sbuca quasi dal nulla con una manciata di melodie e testi evocativi, a volte scuri, e convincenti, e soprattutto con una voce capace di muoversi su più registri: l'alternative più urlato e il folk di matrice più autorale e americana. Uno stuolo di collaborazioni succulente per pubblico e discografici: Chris Cornell che "svezza" il leader (agli inizi timido e sconsiderato) dei Pearl Jam è una vera chicca, i "fantasmi" di Cobain e Layne "Alice in Chains" Staley sono un balzo (ormai) indietro nella storia della musica e della triste cronaca nera. Collaborazioni e amicizie dunque, significativo in talsenso Matt Cameron, già Soundgarden, stabile alle pelli dal '98 : il simpatico siparietto sui trascorsi batteristici dei Pearl Jam racchiude tutto un modo rispettosissimo di voler affrontare la magagna dei soliti problemi legati alle band del mondo del rock-pop: dipendenze, screzi, litigi, rotture, ego, età che avanza e tour massacranti ecc ecc. Ament, McReady e Gossard, ognuno con la sua singola personalità, ruotano e si ruotano attorno in un caleidoscopio di ruoli ed equilibri, musicali ed umani, ben resi dalla camera attenta ed esperta in materia del regista. Cameron Crowe assembla una miriade di materiale sparso nello spazio e nei negli anni (c'è anche molta Italia con i live dell'Arena e di Pistoia) e compie una sorta di panegirico a volte eccessivo ...ma è bene essere indulgenti e riempirsi occhi e orecchie: in fin dei conti è rock 'n roll! Sprazzi degli onnipresenti mostri sacri Dylan e Springsteen, il "nonnetto" Neil Young che ha energia da ventenne, il tempo che scorre e vede diventare uomini i 5 ragazzi del gruppo. Battaglie contro colossi dell'industria (Ticketmaster e i processi), il difficilie rapporto con i media (Wow: "Fuck MTV" è una ghiottoneria per il popolo dei fan), la figura di Vedder che giganteggia e gigioneggia sempre più, sospinto da una vociona baritonalfumosa. Non ci sono più le arrampicate sui tetti dei palazzetti, le sbornie, le chiome fluenti, i tuffi sul pubblico adorante, ci sono le battaglie politiche e sociali, le colonne sonore (In to the wild non viene citata ma è intrinsecamente presente nei titoli di coda, dove circola nei sottotesti musicali della bellissima Just Breathe) e le collaborazioni varie. Dal glorioso album Ten in poi c'è tutto, sospinto dal ritmo vertiginoso di un montaggio incalzante. Pearl Jam, uno strano (e forse mai risolto) mix di generi, influenze, picchi ispirativi e routine compositiva, che ha fatto della perseveranza, dell'attitudine alla musica e della volontà di indipendenza all'interno del business uno stile di vita credibile, per questo vicino a milioni di estimatori nel mondo e da essi apprezzato. Auguri.
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