Regia di Andrew Dominik vedi scheda film
"L'America non è una societa',in America sei solo,l'America è affari"
Cogan-Killing Them Softly è incentrato su questa "filosofia" spicciola,un contraltare malavitoso alla retorica politica di Obama duellante di McCain.L'America dell'economia e dei lavoratori onesti non è quella di questo film,è la grigia New Orleans,universo fumoso e polveroso di spacciatori e ladruncoli da strapazzo.E' l'America nichilista dei killer sofisticati come Pitt-Cogan un "artista" delle uccisioni:bello,intelligente dotato di una sottile ironia, protagonista di una storia dalle tinte noir figlia di un pese in decadimento.Tratto dal libro di George Higgins è un suggestivo ritratto di uomini alla deriva,una lotta alla sopravvivenza in una societa' in crisi,un ambiente malfamato "nascosto" da ondate retoriche dei vari politici.Una rapina organizzata da un malavitoso locale ai danni della mafia diviene suggello di una ricerca di colpevoli,due ladruncoli da strapazzo sono gli esecutori materiali del piano,in cui far cadere Markie Trattman un boss della zona gia' "autorapinatosi" in precedenza,quindi capro espiatorio ideale.Per scoperchiare zibaldoni delinquenziali e far piazza pulita di mele marce la mafia assume il killer Cogan,un maestro di "dolci" uccisioni,un talento del grilletto,la cui regia ci mostra nei suoi passi e nella carismatica fisicita'.Il regista Dominik inonda la storia di alchimie anni 70,le strade di New Orleans sono quelle nichiliste degli anni d'oro della New-Hollywood,disilluse e perse in se stesse dove la droga e il piombo valgono una vita.Un manifesto affascinante nella crudezza dei luoghi,la violenza è ben definita in due o tre passaggi dal tocco elegante,esemplare in questo senso il pestaggio sotto la pioggia ai danni di un imbolsito Liotta, riciclato alla grande per l'occasione.Un pezzo di cinema atipico in questi tempi,una lotta alla sopravvivenza di tipo "crimino-animale" dove si esaltano gli astuti e soccombono gli inetti.Dominik ha pero' esagerato nell'uso del ralenty nella prima uccisione,una morte "artistica",eccessiva pero',ridondante di un equivocita' registica autocompiaciuta,un volersi rifare a Peckinpah ma cadere troppo nel manierismo.In un film del genere è secondo me un "errore" comporre un omicidio "artistico",ci aspetteremmo qualcosa di simile in un film di Refn,virtuoso della telecamera e del "gore", ma qui risulta un fuori contesto che annebbia un po le qualita' del film.In un America cosi' nichilista non ci sarebbe spazio per una morte "ad arte",preferisco i passaggi piu' crudi che donano un effetto "anni 70" ad una pellicola al sapore di vintage.L'ambientazione è odierna ma il tocco è quello "antico" delle metropoli amare dei Friedkin o Scorsese,la differenza non sta pero' nei luoghi pressochè identici agli anni 70,ma nelle vis criminali,qui i gangster non sono quelli col ghigno psicotico,ma sono goffi e ironici,delle caricature in un contesto saturo di sangue e polvere da sparo.Dominik ha fatto un ottimo lavoro sui dialoghi di cui il film è ricco e rendono il contenuto affascinante,qualcuno ha scomodato Tarantino,ma basta leggere il romanzo Cogan per attribuirne la paternita' a Higgins nelle forme di un volgare dal tocco grottesco.Dominik ha saputo lavorare bene sugli attori, dal carismatico Pitt,al redivivo Liotta,un gangster atipico,non malefico come lo vedremo in "The Iceman",ma imbolsito e "agnellato", una vittima sacrificata ad uno sporco gioco.Supremo risulta James Gandolfini, gangster decaduto e dedito all'alcol e alle prostitute.In Cogan tutto l'impianto funziona alla grande,seppur con qualche pecca registica "fuori binario",ma l'America di Cogan seppur criminale offre un magnetismo singolare,non edulcorato, ma "Brutto,sporco e cattivo" con la vena ironica che tanto piace a noi,quella che ti cattura e colpisce proprio come Cogan.....
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