Regia di Stuart Beattie vedi scheda film
Un gruppo di “ragazzotti/e” australiani parte per una gita di due giorni nelle terre selvagge dell’isola; al loro ritorno troveranno i loro familiari prigionieri e le loro terre conquistate da una potente forza militare.
La parte iniziale del film ci presenta un gruppo eterogeneo di ragazzotti, presi nella vasta gamma delle psicologie comportamentali che vanno dal ribelle senza causa all’integralista cattolica (ma tutti ugualmente antipatici), in spensierata gita nel rigoglioso entroterra costiero australiano. Tale fase, la migliore del film (sic), viene resa con verve da puntata di “Desperate Housewives” e con dialoghi “letali” alla “Dawson Creek” (mortale serie tv che ha ammorbato gli schermi negli anni 90), risvegliando nel sottoscritto istinti omicidi che nemmeno le dissacratorie e fantasiose morti di “Final Destination” avrebbero potuto sopire. Un Leatherface sbucante dal folto del bosco o un Freddy Kruger emergente dai meandri di un incubo avrebbero, a questo punto, rivitalizzato la pellicola concedendomi un sano sfogo alle mie pulsioni più abiette, ma, invece, mi sono dovuto accontentare del tiepido spavento “telefonato” procurato alla varia fauna protagonista da un povero serpentello trovato nel sacco a pelo del più sveglio del gruppo.
Il seguito permane sugli stessi (sterili) canoni estetici, solo ad argomento guerrigliero; già, perché il gruppuscolo di amiconi si trasforma, in men che non si dica, in un letale commando esperto in sabotaggio, guidato dalla selvaggia amazzone protagonista, capace di azioni che farebbero impallidire i Navy Seals e Rambo messi insieme.
L’ispirazione più evidente è quella del John Milius di “Alba Rossa” ma con meno carica reazionaria (non è un complimento, per quanto a volte fastidiosa, la radicalità di Milius era, spettacolarmente parlando, un altro pianeta) e, di conseguenza, molto più annacquato nella sua resa. Unico elemento di aggiornamento modernista la scelta del nemico in base ai reali equilibri politici attuali: lì, nel lontano 1984, i cattivi erano rappresentati da un’alleanza fra russi, cubani e nicaraguegni (con i cinesi quali alleati), qui la parte del cattivo tocca ad una non meglio identificata etnia cino-asiatica. Questo elemento, anch’esso ispirato dal suddetto nume tutelare e dal suo videogioco “Homefront”, (non eccezionale recente sparatutto con uno spettacolare incipit miliusiano), viene lasciato concettualmente sfumato per un probabile quanto temuto sequel. Le sequenze scult si sprecano: dal giulivo cinguettare di amorucoli e primi baci delle due fighette alla guida di un autobotte in attesa di far saltare un ponte, con il nemico in agguato, ostentando una freddezza inusitata anche per il più incallito incursore americano, fino alla incredibile capacità di una devota ragazza “casa e chiesa” di imbracciare, per necessità, un fucilone grande quanto un obice e, con sicurezza da marine, sparare precise raffiche ad altezza uomo uccidendo una cinquina di nemici (!) invece di, come realtà avrebbe voluto, colpire la luna e slogarsi una spalla….
Che altro dire di un film che inanella una serie di banalità e goffaggini senza fine, rivelandosi insufficiente sia nel registro “action” che in quello “comedy” ? Che, almeno, ci hanno risparmiato il luogo comune di mostrarci canguri in ogni dove e hanno saputo scegliere i luoghi per le riprese in esterno. Stop.
Campestre.
Orribile.
Inutile.
Odiosa.
Petulante.
Noioso.
Risoluto.
Legnoso
Suora con mitra.
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