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La morte va a braccetto con le vergini

Regia di Peter Sasdy vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La morte va a braccetto con le vergini

di FABIO1971
4 stelle

Alla morte del conte Nagy, il giovane ufficiale Imre Toth (Sandor Elès) eredita le rinomate scuderie del nobile. Nel castello conosce la vedova di Nagy, l'anziana e dispotica contessa Elisabeth (Ingrid Pitt), già contrariata dal testamento, che la costringe a dividere le proprietà anche con l'odiata figlia Ilona (Lesley-Anne Down). Elisabeth, invaghitasi del giovane Nagy e, per questo, ancor più ossessionata dalla paura di invecchiare, scopre di poter ringiovanire nutrendosi del sangue di ragazze vergini: per sedurre Toth, quindi, fa credere, con la complicità di Dobi (Nigel Green), il gastaldo del castello, e della governante Julie (Patience Collier), di essere Ilona (Lesly-Anne Down), che tiene, invece, prigioniera in gran segreto. L'acquisita giovinezza, però, è soltanto temporanea e alla contessa occorrono nuove vittime per rigenerarsi: sarà proprio Ilona, riuscita a liberarsi dal suo carceriere, a smascherare i suoi terrificanti crimini.
Seconda regia dell'ungherese Peter Sasdy, dieci anni di carriera nella televisione inglese prima dell'esordio sul grande schermo con Una messa per Dracula (1970), che questo La morte va a braccetto con le vergini (delizioso e sobrio titolo italiano dell'originale e comunque fuorviante Countess Dracula) segue di pochissimi mesi, ispirata allo sceneggiatore Jeremy Paul (da un soggetto di Gabriel Ronap, Alexander Paal e dello stesso Sasdy) dalla leggendaria figura della contessa ungherese Erzsébet Bàthory, sanguinaria serial killer della seconda metà del XVI secolo, murata viva in una stanza del proprio castello dall'imperatore Mattia II dopo la scoperta delle atrocità commesse. Vicenda, perciò, potenzialmente densa di brividi e suggestioni, che la regia ancora acerba di Sasdy disperde, invece, incredibilmente nelle scelte tutt'altro che esaltanti della messinscena: produzione low-budget di una Hammer ormai sul viale del tramonto, dove l'esiguità dei mezzi emerge nello scarso fascino dell'ambientazione e nella modestia della ricostruzione scenografica, La morte va a braccetto con le vergini si concentra essenzialmente sulla carica erotica delle atmosfere e sulle grazie della seducente Ingrid Pitt piuttosto che sulla tensione macabra del gothic-horror anglosassone, limitandosi a irrobustire le grossolanità variamente assortite dello script con improvvise ed efficaci impennate di cattiveria (il mercante di donne che regala una ragazza bruttissima, ma vergine: "La puoi avere per niente, se mi compri questa capra per 25 corone"). Nonostante l'appeal straordinariamente horror di personaggi e vicenda e la fama di opera di culto, il risultato complessivo, considerando anche il ritmo tutt'altro che trascinante del racconto e gli spaventi di risibile spessore, si rivela deludente e di flebile respiro spettacolare: al posto del carceriere di Ilona, un bruto decisamente idiota, ad esempio, la Hammer dei tempi d'oro si sarebbe servita di un truce e sadico energumeno. Rendendo, tra l'altro, inquietante ciò che qui, invece, finisce per apparire (involontariamente) ridicolo. Il miglior film di Sasdy arriverà l'anno successivo (Gli artigli dello squartatore).

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