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La morte va a braccetto con le vergini

Regia di Peter Sasdy vedi scheda film

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La recensione su La morte va a braccetto con le vergini

di munnyedwards
5 stelle

 

Una figura come quella della Contessa Elizabeth Bathory non può che suscitare un fascino perverso, secondo alcuni storici potrebbe essere la serial killer più prolifica di sempre, ma non esiste un dato ufficiale che confermi il numero delle sventurate donne prima torturate e poi uccise dalla nobile ungherese.

Restando sul vago possiamo dire che per soddisfare il suo malato desiderio di eterna giovinezza (e la sua follia) la Bathory uccise centinaia di ragazze, quasi tutte vergini perché il rito prevedeva che solo il sangue di una vergine potesse ridare l’antico splendore al suo corpo.

Ovviamente un personaggio del genere non poteva che attirare l’attenzione e la curiosità di scrittori e registi, molti romanzi/biografie le sono stati dedicati e anche molti film, il primo dei quali è proprio questo La morte va a braccetto con le vergini (Countess Dracula), la pellicola uscì nel ’71 “marchiata” a fuoco dal segno della famosa Hammer, ma è bene precisare che nè Dracula nè i vampiri hanno nulla a che fare con la storia in questione.

La Hammer era specializzata in pellicole a basso costo prevalentemente di genere, soprattutto horror e fantascienza, grazie all’apporto di due big come Peter Cushing e Christopher Lee si era risollevata da un lungo periodo di crisi e tra la fine degli anni ’50 e l'inizo dei ’60 completamente rilanciata.

Dopo aver rivisitato classici come Dracula e Frankenstein nei primi anni ’70 il genere subiva profondi cambiamenti, la vicenda della Contessa Bathory pur mantenendo un innegabile appeal macabro restava legata ad una dimensione gotica che ormai era quasi scomparsa, il regista Peter Sasdy pensò forse che sarebbe bastata l'esuberanza e la bellezza di una splendida Ingrid Pitt a tenere in piedi un plot abbastanza lineare e privo di guizzi firmato Jeremy Paul.

 

Countess Dracula 37

 

 

E in parte fu così, Ingrid Pitt oltre ad essere perfetta per il ruolo non esita a mostrare il suo bellissimo corpo, un corpo che muta continuamente mostrando l’avvenenza della gioventù e le decrepite forme della veccchiaia, Sasdy trasforma il suo personaggio in una eroina malefica e triste, una donna ossessionata dallo scorrere del tempo e dall’impossibilità di mantenere viva la bellezza, alla fine pur considerando le terribili azioni che compie non si può che provare compassione per questa figura tragica e tormentata.

Il principale problema del film è che di fatto non è un horror, questo aspetto può spiazzare lo spettatore e magari lasciarlo deluso, nonostante la storia avesse nel suo dna spunti notevoli per calcare la mano e colorare il castello della Bathory (nel film Nadasdy) di sangue, uccisioni, tensione e suspence, questo non avviene mai, Sasdy preferisce presentare una favola nera fatta di sofferenza e morte ma evita accuratamente di mostrare scene di violenza (tranne qualche brevissimo accenno), alla fine il racconto perde vigore e la questione sentimentale non aiuta ad innalzare il ritmo di un film che appare in ritardo di almeno una ventina d’anni.

Certo, Ingrid Pitt è un gran bel vedere, il resto del cast è dignitoso, anche i trucchi sono ben fatti, così come le splendide scenografie, gli interni del castello sono notevoli considerando la pochezza dei mezzi, magari si poteva calcare di più sul gotico e invece non si fa neanche questo, dalle vicende di una sanguinaria nobile che si pensa abbia torturato e ucciso più di 300 donne ne esce un film favolistico e melodrammatico, che a mio avviso non sfrutta al meglio il potenziale della storia, un racconto che per inciso è abbastanza fedele ai reali eventi storici, viene infatti dato il giusto risalto ai complici della contessa e il finale pur completamente inventato rappresenta senza dubbio uno dei momenti migliori del film.

Per la cronaca la Contessa Elizabeth Bathory fu condannata per i suoi crimini e murata viva nella sua stanza con un foro per ricevere il cibo, ma la donna si lasciò morire di stenti, non andò meglio ai suoi complici che subirono tutti una morte ben peggiore.

Consigliato solo agli amanti del genere, con l’avvertenza che non troveranno sangue ne scene di violenza ma solo la drammatica storia di una folle convinta che il sangue di una vergine potesse donarle l’eterna giovinezza, forse prendo un abbaglio ma da un racconto impostato in questo modo Tim Burton potrebbe tirarci fuori un gran film.

Voto: 6

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