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Beautiful Boy

Regia di Shawn Ku vedi scheda film

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La recensione su Beautiful Boy

di OGM
8 stelle

Mentre la cronaca batte i titoli della prima pagina e riempie le colonne di commenti, ipotesi, indiscrezioni, nessuno parla di ciò che realmente si cela dietro l’indignazione, lo scandalo, il clamore. Ciò che per il grande pubblico è una storia straordinariamente tragica, della quale è eccitante immaginare i retroscena, per i diretti interessati rappresenta, invece, la totale perdita di senso. C’è un sensazionalismo che è costruito sul vuoto esistenziale, che accumula parole sulla voragine dell’ineffabilità,  e che, inventando, tradisce il principio della verità e viola il rispetto per l’altrui dolore. I coniugi Bill e Kate sono i classici esponenti della middle class americana, con una villetta monofamiliare e un figlio al college. Il quale, un giorno, entra in classe armato fino ai denti e spara. Ai docenti, ai suoi compagni, e infine a se stesso. Basterà una notizia d’agenzia, un servizio sul posto, ed il passaggio in tv del videotestamento di Sammy, e la società mediatica avrà confezionato il suo mostro, illimitatamente spendibile nel formato del talk show.  Il nastro verrà riavvolto all’infinito,  ripetendo un messaggio ridotto a refrain senza contenuto morale né impatto emotivo. La realtà del dramma rimarrà invece in disparte, silenziosa e inerte, eternamente ferma su quell’atroce perché senza risposta. In quel microcosmo incredulo e atterrito, che cerca il buio e invoca disperatamente l’oblio, il problema fondamentale è accettare l’inspiegabile, arrendersi all’irreparabile, e trovare un punto di partenza per ricominciare daccapo. Interrogarsi, colpevolizzarsi, accusarsi a vicenda significa, infatti, per Bill e Kate, portare nell’intimità della coppia quell’inutile ansia di ricerca che alimenta le morbose attenzioni del mondo esterno; equivale a partecipare a quella disumana caccia alle streghe che vuole collocare le origini del male nel sangue che si trasmette geneticamente, nei segreti che si nascondono nelle case, nei demoni che infestano la carne e contaminano l’amore. La loro preesistente crisi coniugale riparte così su premesse completamente nuove, amalgamandosi ad un clima di sospetto ed estraneità che appiana le piccole divergenze di vedute, però aggrava l’incomunicabilità. La sofferenza diventa una barriera impenetrabile: un ostacolo che si può inglobare nella vita a due solo ignorandolo, occupandosi delle faccende quotidiane,  ed impegnandosi ad esistere accanto all’altro, anziché per l’altro. Occorre distogliere lo sguardo da una situazione personale in cui tutti i legami affettivi sono andati distrutti, e puntarlo verso un luogo lontano, che parla di cose comuni (la porta del frigorifero, le bozze di un libro da correggere) e di ricordi concreti (le canzoncine di Sammy bambino), senza toccare la vulnerabile sfera dei sentimenti. Questo film descrive la deriva innescata da una tragedia senza fondo:  un abbandono che spoglia gli esseri di tutto ciò che li rendeva particolari e difficili, e li restituisce nudi, privi di motivi per cui sentirsi diversi e combattersi. L’unione profonda e la confidenza sono per sempre finite, e si sta insieme con l’ingenuità di quando si era ragazzini, a cui si aggiunge, però, l’umile rassegnazione di chi sa di non poter chiedere più nulla. In Beautiful Boy ad infrangersi non è semplicemente un’illusione, bensì la stessa sostanza che costituisce il bene della vita; un’immane catastrofe, a cui si può sopravvivere solo sottraendo energia alla rabbia, per reinvestirla nello sforzo di andare comunque avanti.


Con questo film, Shawn Ku, già attore protagonista in Samsara (2001), realizza, come regista e sceneggiatore,  il suo primo lungometraggio per il grande schermo. 

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