Regia di Duccio Tessari vedi scheda film
Come nei romanzi e racconti di Scerbanenco, anche in questo film la cosa più riuscita è l'ambientazione milanese. Vi si respira, infatti, un'aria di Milano vera, fatta di palazzotti con androni e scale, case di ringhiera e gente che si fa gli affari suoi, mentre da qualche parte qualcuno va a puttana e qualcun altro rapisce e ammazza una bella ragazza con la testa che non funziona. Il film di Tessari è come spaccato in due: funziona benissimo quando sono in scena l'ispettore Duca Lamberti (Wolff) e il suo aiutante (Tinti), mentre perde molto quando sono descritte le vicende più private dei personaggi. Mentre, ad esempio, è descritta con buon realismo l'indagine poliziesca, che, come in "La città si difende" di Germi, è lenta ma inesorabile, la narrazione dell'indagine privata e della giustizia sommaria del cittadino Raf Vallone lasciano a desiderare. Peraltro sarebbe da spiegare com'è che il personaggio Duca Lamberti, che nelle pagine di Scerbanenco è un ex medico radiato dall'ordine, qui diventi un ispettore di polizia; e sarebbe da spiegarlo a Mereghetti, il quale dice che "l'ispettore Lamberti era stato interpretato da Bruno Cremer in IL CASO VENERE PRIVATA". Il film di Yves Boisset era brutto, molto peggiore di questo di Tessari, ma lì Duca Lamberti era correttamente rappresentato come ex medico, mentre qui è inquadrato nei ranghi della polizia. Con il materiale scerbanenchiano, comunque, saprà fare molto di meglio l'ottimo Fernando Di Leo qualche anno dopo, a partire da quel gioiellino che è MILANO CALIBRO 9.
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