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io sono Li

Regia di Andrea Segre vedi scheda film

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La recensione su io sono Li

di mc 5
8 stelle

Prima di entrare nel merito vorrei esprimere a titolo di premessa una breve considerazione. Anzi un paio. Questo genere di film ha (e avrà sempre) un agguerrito zoccolo duro di detrattori "a prescindere", che lo giudicheranno a priori furbo, buonista, tedioso, cattocomunista, retorico e qualche altra decina di epiteti. Poi devo registrare la recente tendenza, da parte di registi e sceneggiatori nostrani, a privilegiare il tema dell'immigrazione, scelta peraltro comprensibile e sacrosanta. E facciamo pure dei nomi, tutti provenienti dal Festival di Venezia concluso da poche settimane. Accantonerò subito il "Terraferma" di Crialese che non ho visto perchè non apprezzo granchè (consapevole di essere minoranza) lo stile di questo regista, per sottolineare invece la rara bruttezza di "Cose dell'altro mondo" diretto da Francesco Patierno, che mi ha irritato sia per l'approccio al problema quanto mai banale, sciocco e retorico ma soprattutto un Diego Abatantuono mai visto così artefatto e poco credibile (oltretutto parla una strana lingua tra il lùmbard e il trevigiano). Anche il trailer di questo "Io sono Li" faceva presupporre l'ennesima retorica e sciatta predicozza sullo straniero buono e l'indigeno razzista cattivo. Nulla di tutto ciò. Si tratta di un film bellissimo, delicato all'inverosimile, umile e silenzioso come i suoi due protagonisti, e che -senza indorare la pillola- svela dolore e malinconia, sofferenza e bisogno d'amore, con uno stile che unisce il rigore alla semplicità. La pellicola ci accompagna in giro per canali e vicoli di una città (Chioggia) che credo molti di noi non conoscono che per sentito dire. Di quei luoghi respiriamo qui l'aria e la nebbia. Poi facciamo la conoscenza di una comunità di pescatori in cui trovi un pò di tutto, dai balordi attaccabrighe alle brave persone tranquille, che assistono, forse frastornati e non del tutto convinti, alla pacifica invasione della loro città da parte di immigrati in gran parte cinesi. In particolare facciamo conoscenza con due persone che più diverse (per cultura, linguaggio, personalità) non potrebbero essere: un pescatore di origine slava ma ormai naturalizzato veneto e una ragazza cinese sballottata in giro per l'Italia e che ha un unico fine, quello di raggranellare una cifra che gli consenta di organizzare il viaggio verso l'Italia del proprio figlio di 8 anni. Il pescatore, pur caratterizzato da un'indole solitaria e scorbutica, si è ormai integrato nella cittadina veneta, dove condivide coi colleghi serate in osteria tra qualche bevuta e molte chiacchiere. La donna invece, pur avendo una dignità e una forza interiore entrambe granitiche, si sente evidentemente sola in una realtà di cui fatica ad afferrare la cultura e le abitudini, aggrappandosi dunque disperatamente alla speranza di rivedere l'adorato figlioletto. Ebbene, due persone così apparentemente lontane, finiscono con l'attrarsi a vicenda, complice il bisogno comune di affetto e di calore umano. E' il fatale incontro di due solitudini. Lei scopre a poco a poco cosa c'è dietro quella maschera burbera e dietro il mestiere ingrato del pescatore. Lui, che già condivideva in partenza con lei la passione per la poesia, ascolta con attenzione e sincera curiosità i racconti della donna sul Poeta nazionale cinese verso cui lei mostra devozione assoluta. Ciascuno si apre all'altra non tanto per una faccenda "di cuore", quanto per il piacere di "raccontarsi" e "farsi raccontare", determinando l'abbattimento di qualunque barriera, culturale o psicologica. Perchè poi la sostanza è sempre quella: i sentimenti, le solitudini, gli affetti...sono sempre gli stessi a qualsiasi latitudine. Quanto poi all'evoluzione dell'incontro di queste due anime, preferisco rimandare chi mi sta leggendo alla visione del film, senza anticipare nulla su una conclusione che, in ogni caso, non potrà non essere indolore. Il regista (l'ottimo Andrea Segre, qui al suo debuto nel lungometraggio di finzione dopo una serie di apprezzatissimi documentari) è riuscito ad assemblare (pur senza esibire nomi clamorosi) un cast comunque formidabile per qualità ed intensità di recitazione. Tra i clienti abituali del bar-osteria troviamo i validissimi Roberto Citran, Giuseppe Battiston e Marco Paolini (quest'ultimo presente anche in veste di co-produttore del film).   I due attori protagonisti poi, mostrano una sensibilità artistica non comune, nella loro attitudine a recitare sui toni trattenuti, sui silenzi, sugli sguardi, sulle sfumature...Zhao Tao non l'avevo mai conosciuta prima, ma mi dicono che nella sua Cina può contare su una vasta popolarità. Quanto a Rade Serbedzija, il suo volto ci è noto, si tratta di un bravissimo attore croato che ha diviso con intelligenza la sua ormai lunga e versatile carriera tra cinema d'autore europeo e celebri blockbuster americani. I volti dolenti di queste due anime sole che si cercavano senza saperlo saranno per molti spettatori difficili da dimenticare. Un film piccolo ma grande, tra Sentimento e Poesia.
PS: fondamentale il contributo tecnico di Luca Bigazzi, celebre "maestro" della fotografia, che qui riesce a catturare mirabilmente il clima sospeso delle nebbie e delle maree della laguna veneta, evocando addirittura vaghe suggestioni di paesaggi asiatici (...e tutto torna).
Voto: 9 e 1/2 

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