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Il paese delle spose infelici

Regia di Pippo Mezzapesa vedi scheda film

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La recensione su Il paese delle spose infelici

di alan smithee
8 stelle

Una periferia di un Sud qualsiasi (siamo dalle parti di Taranto), campi incolti o trascurati oltre i quali fa da sfondo una realtà industriale invasiva con i suoi fumi pittoreschi e nocivi insieme. Sul tetto di una chiesa barocca di paese come tanti, una bellissima fanciulla vestita di un leggero e semplice abito da cerimonia, volto stupendo contornato da fiori di campo, si sporge come a volersi tuffare. Il suo volto comunica tristezza più che disperazione, rassegnazione più che dolore. In pochi minuti la giovane è in volo. La sua immagine bellissima rimane impressa nella locandina del film, affascinante e di notevole presa visiva. Verrà raccolta incolume sul telone dei Vigili del Fuoco: “il grande volo” titoleranno le pagine di cronaca locale; ”volevo provare a volare, non volevo morire”, rivelerà più avanti la giovane protagonista.

La vita di Annalisa, attraente bizzarra giovane donna sconvolta da una grave perdita che la conduce all’emarginazione, si interseca con la curiosità e la libido incontenibile di alcuni ragazzi di borgata; due in particolare: Veleno, un timido ragazzo di estrazione borghese appena trasferitosi in provincia, ginocchia e gambe intonse da ragazza, come gli fanno notare con perfida schiettezza i compagni, proprie di chi non ha mai affrontato le asperità della vita all’aperto, e che spingono il giovane a procurarsi le marchiature indelebili dei nuovi coetanei di borgata; e poi Zazà, giovane promessa del calcio, la cui ascendente carriera sportiva deve fare i conti con la drammatica situazione familiare, tra un fratello dedito allo spaccio di stupefacenti  e inevitabili frequentazioni con il mondo della micro criminalità organizzata.

Desiderio di evasione da un futuro che non promette nulla di clamoroso, ma solo la sopravvivenza nella mediocrita’ e la forza inarrestabile della gioventù, sono i temi forti di questa singolare pellicola che vive scoppi di vitalità, irruenza e adrenalinica irrefrenabile potenza dei sensi, istinti caratteristici dell’età adolescente che si contrappone al mondo degli adulti che talvolta sfrutta e corrompe, talvolta si batte perché le innate qualità (sportive nel caso di Zazà) di un ragazzo segnato da un futuro drammatico possano essere valorizzate appieno e fargli da passaporto per un futuro il piu’ lontano possibile.

Un’opera prima apprezzabile e apprezzata, che non aggiunge e non vuole aggiungere nulla di più di quanto già detto in tema di impegno civile e sociale da un certo lodevole stile di cinema  e letteratura realista (penso alla notevole filmografia di Capuano, a quella altrettanto rimarchevole del siciliano Scimeca, che descrive l’oggi con  le basi dei grandi classici della letteratura, ma anche alla bella sorpresa di Marpiccolo di Di Robilant, e al romanzo Acciaio che vedremo presto trasposto nelle sale), ma che si sofferma più che altro sull’accurata descrizione delle inarrestabili pulsioni adolescenziali, sulla curiosità della scoperta dei sensi e della passione.

Da questo punto di vista il film centra appieno il suo scopo, quando l’arte segue la vita e la dura quotidianità, trovando le più efficaci forme di espressione e di rappresentazione delle problematiche di tutti i giorni - al pari del cinema dei nostri maggiori autori del dopoguerra - traendo ispirazione da una situazione di disagio e difficoltà che torna sempre più a coinvolgere la generazione dei giovani d’oggi. Quest’opera prima di valore tende a mio avviso a risparmiarci o a minimizzare la rappresentazione del più crudo realismo del contesto socio-economico di questa degradata periferia, quasi a rifugiarsi in un confortevole e quasi materno anfratto dei sentimenti e nella sconsiderata goliardia e spensieratezza dell’impeto giovanile dei ragazzi di strada, piegati dalle difficoltà, dalle prepotenze, ma vivi e caldi di una linfa difficile da estirpare.   

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