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Regia di Brillante Mendoza vedi scheda film

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La recensione su Captive

di alan smithee
8 stelle

Il celebratissimo (nel resto del mondo) autore filippino Brillante Mendoza, conteso dai piu’ accreditati festival internazionali di cinema (l’ultima opera di quest’anno e’ stata appena presentata a Venezia, ma cio’ non costituisce purtroppo e per nulla una assicurazione di visibilita’a breve periodo), e’ ufficialmente un regista misconosciuto nel nostro paese, essendo passata tutta la sua notevolissima (e non scarna) opera completamente inosservata nei nostri circuiti ufficiali (tranne forse, leggo qui nel sito, una timida apparizione in dvd per “Lola”). 
Tutto cio’ e’ molto triste, preoccupante ed pessimisticamente indicativo di un paese che rimane isolato e refrattario –  non proprio o sempre per colpa o scelta dei singoli cittadini - alla fruizione di prodotti di altissimo livello e del massimo valore, non solo culturale, ma anche documentaristico e di impegno civile inerenti la nostra drammatica e travagliata storia contemporanea, che si nutre di conflitti, lotte e contese sanguinose e prevaricanti.
Triste ed allarmante dicevamo, tanto piu’ se si pensa che a pochi chilometri dal nostro paese l’opera dell’impegnato autore viene puntualmente presentata nei circuiti cinematografici, almeno nei centri piu’ densamente popolati (Nizza tra l’altro e’ una citta’ molto viva culturalmente, ma non certo una metropoli). Non fa eccezione il penultimo film dell’autore, questo sconcertante ed ammirevole “Captive”, forte in questo caso anche del fatto che presenta nel cast, per la prima volta per Mendoza, una star internazionale di prima grandezza e forse la piu’ impegnata e apprezzata attrice francese dell’ultimo decennio: una tenace, coraggiosa e risoluta Isabelle Huppert, qui impegnata in una prova forte, fisicamente spossante, tutta girata in una impervia giungla tra insidie piu’ vere che ricostruite. Un ruolo importante, scelto sicuramente per amore nei confronti del cinema meno scontato e piu’ impegnato che da sempre la grande attrice ha deliberatamente privilegiato; e forse per sfida, probabilmente per l’interesse che questa interprete prova per il mondo orientale (tra poco uscira’ – sempre in Francia ovviamente -  un nuovo film “orientale” girato per il coreano Hong Sang- soo "In another country"); ma anche a dimostrazione di una apertura mentale che da sempre contrassegna una carriera come poche, senza frontiere ne’ limitazioni dovute a capricci divistici che le sono evidentemente, nonostante l’apparenza, del tutto estranei.
La vicenda dell’odissea vissuta per oltre sette mesi nel 2001 da una missionaria laica impegnata presso una organizzazione umanitaria nel sud delle Filippine, rapita insieme ad altri europei a scopo di estorsione per finanziare falangi armate di estremisti musulmani legati al terrorismo di Bin Laden, e’ raccontata col consueto durissimo realismo da una regia che non scende mai a compromessi (non lo ha mai fatto Mendoza) e filma senza tagli tutto l’orrore e la violenza che circondano una terra martoriata dalla brutalita’ e dal fanatismo, dal maschilismo imposto da una interpretazione fuorviante e distorta di una religione che predica amore e fratellanza, ma che procura conflitti sanguinosi e vendette a causa della innata brutalita’ del genere umano.
Come sempre accade nei film di Mendoza la recitazione degli attori e’ cosi’ straordinariamente aderente alla drammatica situazione vissuta che il film sembra spesso un reportage giornalistico girato da un dinamico operatore che non teme di rischiare la propria incolumita’ pur di riprendere l’orrore nel suo compiersi.
Le insidie di una giungla naturalmente inospitale che procura traumi e lesioni ai corpi gia’ martoriati degli ostaggi, decimati ad uno ad uno da interventi d’impulso fuori luogo e senza alcuna organizzazione da parte delle forze filippine o da deliberate decisioni dei rapitori senza scrupoli, fanno da sfondo al dramma umano della protagonista e di alcuni altri sventurati prigionieri, che lottano ogni giorno per la sopravvivenza e per la salvaguardia delle proprie idee illuminate, proprio per questo soffocate dalla prepotenza e dalla prevaricazione. Nel cuore e nella mente dello spettatore rimarra’ a lungo il volto emaciato e cosi drammaticamente vero di quegli ostaggi, la loro sofferenza che raramente in un film a soggetto riesce a far trapelare con questa incredibile intensità: ma del resto questa e’, da quando lo conosco, la piu’ preziosa dote di Mendoza, qualita’ che sarebbe giusto e meritevole che almeno quella  (piccola) parte di pubblico del nostro paese  piu’ cinefila ed aperta alle forme di espressione meno scontate e trite, potesse finalmente conoscere, condividere, apprezzare, valutare senza ricorrere ad espedienti o sistemi clandestini superficialmente (almeno in questo caso) assimilati alla pirateria.

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