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Trama

Mentre si trova alloggiato in un resort di Palawan, nelle Filippine, un gruppo di turisti americani viene sequestrato dai separatisti islamici di Abu Sayyaf, da sempre in lotta contro il governo. Alcuni ostaggi verranno uccisi, altri rilasciati dopo qualche giorno, ma il destino della missionaria protestante  Thérèse Bourgoine (Isabelle Huppert) sarà ben diverso: dopo esser stata rapita con il gruppo di volontari che aveva al seguito, la sua prigionia durerà per molti giorni, in cui dovrà pregare e sperare di sopravvivere, fino all’intervento delle forze militari che proveranno a portarla in salvo facendo uso della forza.

Approfondimento

DALLA STORIA AL FILM

In un resort sulla spiaggia di Palawan, nelle Filippine, venti persone – molte delle quali turisti stranieri – vengono tratte in ostaggio dal gruppo di Abu Sayyaf, i separatisti islamici in lotta per l’indipendenza dell’isola di Mindanao. Nella confusione, tra gli ostaggi finiscono anche la missionaria francese Therese Bourgoine e la collega filippina Soledad.

Gli ostaggi vengono trasportati con un barcone da pesca nell’isola di Basilan, in un viaggio in mare che si protrae per giorni e giorni. I rapitori chiedono a ognuno degli ostaggi informazioni sulla loro vita in modo da determinare l’ammontare del riscatto.

All’arrivo a destinazione, i militari dell'esercito sono già in attesa dei terroristi, che trovano temporaneo alloggio nell’ospedale della città di Lamitan, dove esplode un primo conflitto a fuoco. I separatisti riescono a farla ancora una volta franca, oltre ai 20 ostaggi già rapiti sequestrano altre quattro persone e si avviano verso il loro rifugio nascosto nella giungla. Il calvario dei rapiti tra sparatorie e attacchi di artiglieria durerà per oltre un anno.

Gli eventi narrati in Captive si basano sulle situazioni di crisi dovute ai sequestri dei turisti che hanno interessato le Filippine per mano dei separatisti di Aby Sayyaf e di altre organizzazioni simili. I rapporti ufficiali delle forze dell’ordine non sempre sono concordi ma si calcola che nel corso di poco più di un anno si siano verificati numerosi raid e oltre un centinaio di persone siano state rapite in varie parti del paese, causando dozzine di sanguinose morti tra turisti e terroristi. Il lavoro di sceneggiatura del lungometraggio fa perno sul controverso sequestro avvenuto nel  residence di Dos Palmas a Palawan del 2001, riportando fedelmente le testimonianze dei sopravvissuti, dei rapitori, dei militari e dei funzionari che hanno avuto un ruolo di primo piano nel gestire la crisi. Alla fantasia sono stati lasciati solo il 25% degli elementi, quelli utili ai fini dell’accentuazione dell’aspetto drammatico.

 

 

SCELTE DA REGISTA

Nel girare il suo film, Mendoza ha voluto che tutte le scene fossero girate in sequenza. Ricostruendo i luoghi in varie parti delle Filippine, ha preteso che l’ordine delle scene rispecchiasse l’ordine cronologico degli avvenimenti in modo da far sentire ai suoi attori la paura del rapimento e delle sue conseguenze crescere dentro. Usando videocamere ad alta definizione, si è prefissato lo scopo di rendere il tutto realistico, con un approccio quasi da documentario, con il suono dell’agong e del kulitang – due strumenti musicali indigeni dell’isola di Mindanao - a far da colonna sonora: il viaggio in mare, a detta del regista, è stato molto duro per tutti, sia fisicamente sia emotivamente, per le difficoltà che ha comportato a causa del movimento costante delle onde che hanno allontanato l’imbarcazione dalla terraferma e creato panico vero negli occhi degli attori. Alle riprese si sono uniti decine di militari veri che hanno recitato e impartito consigli sul come usare le armi, mentre gli attori sono stati separati in due gruppi: da una parte coloro che avrebbero interpretato i sequestratori, dall’altra i sequestrati. Una scelta che ha fatto sì che si creasse un muro anche tra gli attori stessi, tanto che Isabelle Huppert ha incontrato gli altri compagni di set solo il giorno in cui si è girata la scena del rapimento. Con il suo personaggio, una missionaria per un’organizzazione non governativa, doveva fornire numerose osservazioni su alcuni aspetti della cultura musulmana dei rapitori, rilevando la loro personale interpretazione del Corano, le loro ambizioni, le loro paure e le loro debolezze, così come doveva essere testimone diretta della povertà e della mancanza di educazione e/o cultura della comunità islamica di Mindanao. Ricordando la figura della missionaria Grace Burnham (anche se la Huppert in un’intervista rilasciata a Les Cahiers du Cinema dichiara di essersi ispirata piuttosto alla vicenda di Ingrid Betancourt), il personaggio di Therese racchiude in sé una summa di dettagli provenienti da decine e decine di testimonianze di persone sequestrate.

IL SARIMANOK E LE MILLE FACCE DEL TERRORISMO ISLAMICO

Anche la rappresentazione del gruppo Abu Sayyaf presenta diverse sfaccettature e non è a una sola dimensione, come si potrebbe invece immaginare. Nel raccontare gli individui che hanno messo a ferro e fuoco le Filippine con numerosi sequestri, attentati, omicidi e attività di estorsione sin dai primi anni Novanta del Novecento, Mendoza ha scelto di tratteggiarli come chiunque altro: si tratta di ragazzi dalla spiazzante normalità, capaci di lasciarsi andare alla rabbia e alla violenza così come di dimostrarsi premurosi e compassionevoli, persino di sorridere. Questo perché prima di essere regista, Mendoza preferisce essere giornalista e mostrare i vari lati della vicenda, offrendo diversi punti di vista alternativi che rendono il filmato oggettivo, senza che le sue personali convinzioni inficino il risultato in scena, e che restituiscono un quadro generale su come ognuno può diventare prigioniero della propria causa, da qualsiasi lato si osservi la storia. In Captive non esistono protagonisti ed antagonisti, il fronte della narrazione è lasciato aperto, per sottolineare come spesso i media o le autorità distorcano la realtà di quanto accaduto. Nel caso del sequestro di Dos Palmas ci sono ancora molti interrogativi aperti su una possibile connivenza tra le forze politiche e militari e il gruppo islamico: quasi nulla ad esempio è trapelato da parti di fonte ufficiali sulle modalità di pagamento del riscatto tanto che sono state sollevate alcune ipotesi di accusa sull’operato dei mediatori, che avrebbero ottenuto anche un tornaconto personale. L’istinto di sopravvivenza e lo spirito di autoconservazione, che emergono nel film attraverso sequenze che a prima vista sembrano solo dettagli – la ripresa di un parto vero, un serpente che ingoia un pollo e altre immagini di animali in cattività –, rispecchiano anche la forza e la volontà della gente di un intero Paese, stanca di essere sfruttata dai governanti a fini egoistici e incapace di agire con modalità adeguate a causa della poca conoscenza sui fatti o della povertà di mente o spirito ad una situazione che si protrae dai tempi della dominazione spagnola del XVI secolo. Rifacendosi alla millenaria cultura musulmana, Mendoza ha voluto che nel film ci fosse anche la presenza del sarimanok, un uccello leggendario del popolo Maranaw a Mindanao. Con coda e ali di piume colorate, il sarimanok è il simbolo sia della buona sorte sia del ritorno al mondo originale a cui aspirano i musulmani: essendo un mito, è sfuggente e irraggiungibile, ma in Captive viene incontrato da Therese (incontro reso possibile grazie al computer in fase di post-produzione).

 

 

 

Note

Mendoza, da una storia vera lunga 377 giorni, trasforma la giungla in un set dove gli attori ripresentano le dinamiche degli eventi. E le sperimentano, sul proprio corpo. La ricostruzione meticolosa e la riproduzione in scala delle intricate trame di relazioni tra sequestratori e sequestrati vengono esaltate in questo teatro fisico, brutale, terragno, che procede per ellissi e strappi. I frame di Mendoza sono global, pop, alti e bassi, persino pornografici. E sono offerti allo spettatore, nella loro problematicità, per essere giudicati.

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Recensioni

La recensione più votata è positiva

alan smithee di alan smithee
8 stelle

Il celebratissimo (nel resto del mondo) autore filippino Brillante Mendoza, conteso dai piu’ accreditati festival internazionali di cinema (l’ultima opera di quest’anno e’ stata appena presentata a Venezia, ma cio’ non costituisce purtroppo e per nulla una assicurazione di visibilita’a breve periodo), e’ ufficialmente un regista misconosciuto nel nostro paese, essendo passata tutta… leggi tutto

3 recensioni positive

Recensioni

La recensione più votata delle sufficienti

berkaal di berkaal
6 stelle

La pellicola è basata su un episodio realmente accaduto nel 2001/2002 nelle Filippine, una vicenda alquanto complessa che ha destato molte perplessità, anche per una possibile connivenza che sembra esistesse tra le forze armate ed i terroristi. Il regista ha adottato una serie di accorgimenti per rendere il tutto il più verosimile possibile, separando gli attori in gruppi, sottoponendoli a… leggi tutto

1 recensioni sufficienti

Recensioni

La recensione più votata delle negative

leporello di leporello
4 stelle

Urla male la Huppert... Le ho visto fare cose molto, molto migliori. Qui urla proprio male, non c'è nemmeno bisogno di doppiarla per tormentarsi le orecchie. E il Cardinal Mendoza (meglio il cognac, di sicuro...) che pure come regista vinse pure una ppalma d'oro a Cannes, agli urli fuori posto della Huppert sa alternare solo scene concitato/confuse, fastidiose. Se poi il tutto è condito con… leggi tutto

1 recensioni negative

2017
2017
2014
2014

Recensione

hupp2000 di hupp2000
8 stelle

Ispirato ad una lunga vicenda realmente accaduta, è un film d’avventura drammatico, realizzato a parer mio in maniera corretta e cinematograficamente efficace. Vi si raccontano le peripezie vissute per oltre un anno da una ventina di ostaggi sequestrati nelle Filippine nel maggio del 2001 da un commando di Al-qaeda. E’ forse cinico dirlo, ma i presupposti per un film…

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Recensione
Utile per 1 utenti
2013
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berkaal di berkaal
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DALLA STORIA AL FILM

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Extra

Recensione

FilmTv Rivista di FilmTv Rivista
8 stelle

Maggio 2001, Mindanao, Filippine: il gruppo islamista Abu Sayyaf rapisce un gruppo di turisti. Lo scopo: finanziare le proprie attività, sotto l’egida di Bin Laden, con i riscatti. Mendoza, da una storia vera lunga 377 giorni, trasforma la giungla in un set dove gli attori ripresentano le dinamiche degli eventi. E le sperimentano, sul proprio corpo, per la prima volta: alla base c’è una…

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Recensione
Uscito nelle sale italiane il 18 febbraio 2013
Locandina
Foto
2012
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Recensione

alan smithee di alan smithee
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2011
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