Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Film intenso, il primo che vedo di McQueen, quasi per caso... Per fortuna, visto che Shame è un'opera che vale, perché ha il coraggio e la potenza per 'disturbare'. Cucito alla perfezione sulla prestazione monumentale del feticcio Fassbender, il triangolo impulso-ossessione-perversione, domina la visione. Il sesso è perdizione: Brandon lotta con se stesso e cede lasciandosi 'perdere' nel delirio dell'istinto, come se fosse una droga, il piacere si confonde con il dolore, il senso di colpa della morale combatte con l'avidità del provare emozioni che alienano l'individuo, ma allo stesso tempo lo rendono 'anestetizzato' e socialmente piacevole. L'uomo si differenzia dall'animale perché può domare gli istinti naturali di moltiplicazione della specie e 'amare', ma anche l'unico essere che in balia di essi non esita ad autodistruggersi. Questa doppia realtà è angosciante e si evince nello sguardo diretto a noi spettatori da un Fassbender in pieno orgasmo con due donne bellissime, non c'è solo libido, c'è rabbia, piacere e ossessione, l'incontrollabile vince. Il sogno diventa un incubo. Eros e Thanatos. I momenti hardcore quindi sono necessari e mai voyeuristici, escludendo sia nello sguardo che nella traccia uno spunto di morale, visto che non esiste (e non può esserci) redenzione, la storia riparte da dove era cominciata, fra solitudini e spirali di alienazione che la fredda fotografia e il continuo soffermarsi sul volto del protagonista esprimono magistralmente. Peccato per la colonna sonora, bellissima ma praticamente plagiata alle partiture di Hans Zimmer de La sottile linea rossa.
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