Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Avvenente e dinamico yuppie newyorkese cela,dietro l'eleganza dei modi e l'irrestistibile appeal verso l'altro sesso, una radicale anaffettività che lo porta ad intrattenere solo rapporti mercenari e ad alimentare una insana compulsione sessuale che inquina irrimediabilmente la sua vita professionale e privata. Quando la problematica sorella, trasferitasi per qualche tempo in casa sua, cerca di scuoterlo e di riallacciare con lui un rapporto umano, reagisce dapprima con freddezza e poi con una insofferenza sempre più ostile. L'ennesimo tentativo di suicidio di quest'ultima, che egli riesce appena a sventare, sembra fargli prendere coscienza del dramma insostenibile della sua condizione. Ma, si sà, il lupo perde il pelo...
Dramma compatto e ossessivo che rielabora un immaginario metropolitano alla Bret Easton Ellis ed in cui la patologia mentale di un insospettabile yuppie (là era la maschera allucinata di un killer seriale con il volto ridanciano di Christian Bale, qui lo sguardo affascinante e malato del bel Fassbender) segna la irreversibile deriva della civiltà occidentale nella sua regressione verso le pulsioni primordiali e predatorie della natura umana; dove,sotto la superficie di una apparente normalità dei rapporti e dei costumi, si cela il vuoto pneumatico di una violenza feroce e devastante, l'ultimo stadio di una involuzione culturale che annichilisce sovrastrutture e freni inibitori fino all'ineluttabile predominio degli istinti più ancestrali sepolti dai milioni di anni di evoluzione che ci separano dall'uomo di Neanderthal.
Visivamente affascinate nel suo tentativo di ricreare lo stridente contrasto tra gli elementi riconoscibili di una rutilante modernità urbana (il loft,i locali alla moda, la metropolitana, gli asettici ambienti di lavoro) e le pulsioni animali che si agitano sotto la rassicurante corazza di abiti firmati e cappelli alla moda (vintage), è attraversato dal cupo nichilismo di una inesorabile discesa agli inferi e sottolineato dall'eleganza austera di una colonna sonora che recupera il dolente virtuosismo delle interpretazioni classiche di Glenn Gould.
Forse carente e irrisolto in alcuni passaggi narrativi a causa della irriducibile allusività della materia trattata, pare invece riuscito nella costruzione del personaggio principale (un superlativo Fassbender) quale prototipo di una ferinità sessuale malata e compulsiva come insanabile conseguenza di un indicibile trauma infantile, come pure credibile appare la complessa eleganza delle caratterizzazioni psicologiche tra il pudore con cui abbozza l'ambigutà strisciante di una relazione incestuosa (suggestiva ed intensa l'interpretazione 'emotiva' di 'New York,New York' da parte della Mulligan) e lo sfrontato corteggiamento rituale di una comunicazione non verbale che chiude magistralmente il film nell'ammiccante e cinico disincanto della scena finale.
Meritatissima Coppa Volpi a Michael Fassbender per la miglior interpretazione maschile alla 68ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Il sonno dei sentimenti genera mostri.
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