Regia di Johnnie To vedi scheda film
Money makes the world go round. Davvero i soldi lo fanno girare in tondo, questo universo che Johnnie To ritrae in un racconto monotematico, dall’impianto sorprendentemente circolare. Le folli dinamiche della finanza internazionale decidono, in poche ore, i destini di tutti i personaggi della storia, che vincono, perdono, sono generosi o egoisti, sinceri o bugiardi, onesti oppure ladri, a seconda delle circostanze. Cambiano i comportamenti, ma la logica predominante è sempre la stessa: tutti mirano al guadagno ed al possesso, poveri e ricchi, puntando, a seconda dei casi, al riscatto dalla miseria oppure all’aumento del patrimonio. L’avidità è l’istinto che sostituisce i valori morali, in ogni strato della società. Le decisioni prese dall’occulta oligarchia economica che governa il mondo fanno salire e scendere le quotazioni della borsa nel giro di una manciata di secondi, allo stesso modo in cui ogni crisi locale si ripercuote istantaneamente in ogni parte del pianeta. Le esistenze individuali, come spesso accade nel cinema di To, sono rette da un meccanismo esterno, che in Breaking News è il potere della televisione, in Election è il codice della mafia, e qui è la forza trascinante del mercato globale, che, attimo per attimo, fa oscillare all’unisono, in tutti i Paesi, il pendolo della crescita e della recessione. La magistrale sceneggiatura di questo film riesce a costruire un racconto in cui tutti gli eventi, i dialoghi, i rapporti interpersonali sono regolati dal flusso di denaro: dalle banconote messe in busta a titolo di regalo di compleanno, alle borse piene di mazzette che passano, in maniera non sempre lecita e spesso rocambolesca, di mano in mano. Tutti partecipano al gioco, e non soltanto i soliti protagonisti del noir, ossia i boss della criminalità organizzata, gli usurai ed i rapinatori: coinvolti nella mischia sono anche i funzionari di banca, i piccoli risparmiatori, le segretarie, gli agenti immobiliari, le mogli dei poliziotti. Per tutti loro il contenuto della vita si misura in cifre e percentuali, grandi o piccole che siano. Ed anche il brivido procurato dal rischio e dall’imprevedibilità del destino è un’emozione alla portata di chiunque: tutti possono arricchirsi o rovinarsi nel volgere di un giorno, diventando improvvisamente eroi di una vicenda molto più grande di loro, una tragedia senza fondo o una commedia dal grottesco lieto fine. La vertiginosa fluidità della narrazione, che è il marchio stilistico di questo regista, diventa qui un vortice dal movimento imperscrutabile, che appare rigorosamente costruito, eppure confonde diabolicamente le idee. Di fronte ad esso proviamo lo stesso capogiro provocato dalla complessa aritmetica delle statistiche, che trasformano diagrammi a barre dall’effetto ipnotico in proiezioni sugli andamenti della congiuntura. La struttura matematica è ben presente, con la sua solida precisione, però corre come un treno, srotolando serpentoni di numeri in continua evoluzione. È una regolarità sfuggente, talmente inafferrabile che a noi comuni mortali sembra caos, pura e semplice casualità. E ci stordisce, ed insieme ci umilia, servendoci, a posteriori, l’impeccabile risultato della sua scientifica perfezione. I conti alla fine tornano sempre, anche se non ci è dato di capirne la ragione, come in questo racconto, in cui il prima si ricongiunge senza sbavature al dopo, ingarbugliandoci i pensieri. Life Without Principle è un titolo ambivalente, e per certi versi beffardo: indica un principio (morale, razionale) che non apparentemente non c’è, a presiedere la nostra vita, ma solo perché noi non possiamo (o non vogliamo) vederlo. Il fondamento, in realtà, esiste eccome: ed è il frutto di un indissolubile connubio tra la nostra miope venalità di uomini ed i lungimiranti, acrobatici algoritmi di un fantomatico Big Calculator.
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