Regia di Wong Kar-wai vedi scheda film
C’era una volta in Cina....
Tutto scorre, niente è eterno. Le cose e le persone muoiono prima o poi. Tutto si rinnova, in quanto parte del ciclo naturale della vita. Innaturale, e perciò vano, credere di opporre resistenza. Niente è per sempre. Incluse le tradizioni in cui si riconosce un popolo. Che spesso non sopravvivono ai repentini e traumatici cambiamenti storici. O se lo fanno, ne escono mutilate. Tuttavia è possibile rintracciare la presenza di qualcuno -un’anima superiore, un eletto- in grado di portare avanti da solo e con le sue sole forze (la consapevolezza di sé e delle sue capacità) la peculiare cultura della propria gente; un ‘illuminato’ a cui il destino ha regalato l’onore di tramandare ai posteri la memoria (o parte di essa) della terra nella quale si troveranno a nascere e a crescere, di preservarne l’identità contro il pericolo sempre in agguato di scoprirla un giorno snaturata. Tutto subisce una trasformazione, il più delle volte in peggio. Tutto si deprezza. Tutto si svende. Ciò che un tempo era tesoro di pochi finisce col divenire ‘bene’ di tutti. E così l’antica esclusiva dottrina filosofica del kung fu -che fonde il corpo e la mente, perché l’energia interna fluisca verso l’esterno traducendosi (anche) nella sublime arte del combattimento- si apre alle masse, raccoglie maree di proseliti tra chi “vuol fare semplicemente a botte”, fregandosene (o ignorando) dei suoi precetti formativi, della saggezza che plasma ed arma il corpo, che lo fortifica, che lo rende imbattibile. Voltarsi indietro per proseguire in avanti, piuttosto che indugiare sterilmente nell’immobilismo di ottuse convinzioni che il veloce trasmutare dei tempi e degli eventi avvizzisce e deteriora. Per non smarrirsi. Per non scoprirsi e farsi scoprire improvvisamente vulnerabili. L’uomo predestinato fa tesoro del suo bagaglio e pur adeguandosi alla nuova realtà da cui viene ineluttabilmente inghiottito, continua sul suo cammino e guarda avanti. E non soccombe.
É. Conosce. Tramanda.
Vibrante e malinconico dramma intimistico dal sapore antico, fotografato come i ritratti di un passato remoto, illuminato come i dipinti eterni del Caravaggio. Le splendide immagini (fisse), che l’uso della luce rende perennemente dinamiche e mutevoli, e l’avvolgente commento musicale si fondono in un appassionante tormentato struggente abbraccio, ci accompagnano tra le pieghe di una storia che parla del passato per parlare del presente. Quello che si è perso, quello che si deve lasciar andar via, quello che si può ancora trattenere.
Triste disperata speranza giace su un (familiare) sorriso estatico e si culla tra le (altrettanto familiari) inconfondibili note intrise di nostalgia e rimpianto di una Cina lontana, che non sarà mai più come prima.
C’era una volta in Cina…..
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