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The Lady

Regia di Luc Besson vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su The Lady

di Enrique
8 stelle

The Lady - L’amore per la libertà è un bellissimo biopic su una storia fortemente drammatica.

Ma una storia dannatamente vera. E tristemente lontana (ergo ignorata dai più).

La storia della vita privata e (di parte) della vita pubblica di Aung San Suu Kyi (una convincente Michelle Yeoh), leader politica birmana, ma anzitutto moglie di un professore universitario inglese (Michael Aris, interpretato da un bravissimo David Thewlis) e madre di due ragazzi.

Una storia che tra origine nella propria privilegiata ascendenza (in quanto era la figlia di un illustre politico birmano, brutalmente assassinato nel ’47) e che torna nuovamente a radicarsi nel suo paese d’origine dopo che una triste notizia (la malattia della madre) la costringe a rinunciare alla pace della routine casalinga inglese.

Una storia di una profonda e vibrante intensità. Fatta di (pochi) alti e (molti) bassi. E di tanta dolorosa solitudine, nel chiuso della sua dimora privata (ove ha dovuto scontare per molti anni la gravosa misura restrittiva degli arresti domiciliari).

E una storia raccontata con una grazia, una completezza ed una competenza encomiabili da un quasi irriconoscibile (visto il tipo di film) Luc Besson (grazie alla sceneggiatura di una certa Rebecca Frayn).

Perché l’intreccio fra dramma privato e dramma collettivo risulta sempre ben misurato, senza che l’uno possa mai soffocare l’altro.

Perché il racconto della vita di una vera e propria eroina dell’umanità intera (premio Nobel per la pace nel 1991) non subisce le contaminazioni dell’omaggiante adulazione agiografica, né quelle di una spettacolarizzazione drammatica spinta e gratuita (o meglio; viziata da pruriti commerciali).

E perché alla crudezza di un dramma elevato al quadrato (quello politico, giusta l’assenza di prospettive un po’ più rosee per il futuro politico del Myanmar, ma anche quello umano ed affettivo, soprattutto per via della separazione forzata dalla propria famiglia) fa, comunque, da tampone una narrazione attenta ad avvicendare, con sapienza, i momenti di angoscia con altri di profonda esaltazione (o anche, più semplicemente, di sincera commozione); e capace di instaurare, con detti stati d’animo, un’empatia profonda ed autentica.

Tanti meriti e pochissimi difetti (come il finale parecchio frettoloso, che non fa giustizia alla puntualità della ricostruzione storica della vita del personaggio in discorso) fanno del film in questione un documento prezioso che merita la massima sponsorizzazione possibile presso un pubblico vasto, variegato ma, soprattutto, giovane.

Nella ferma consapevolezza che, mai come in questo caso, il cinema è un mezzo e non il fine.

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