Regia di Luc Besson vedi scheda film
La regia di Luc Besson rende omaggio in modo onesto e dignitoso a una figura di donna delicata, eppure forte, coraggiosa e determinata, che ha lottato e sacrificato vita e rapporti affettivi per un bene superiore che era la libertà del suo popolo dalla feroce dittatura birmana.
Erano pochi gli elementi a disposizione per ricostruire la biografia di un personaggio di cui si sa solo quel poco che è trapelato da fonti esterne, ma il risultato finale risulta molto buono, anche se probabilmente non perfetto; il film riesce a rendere la sofferenza e la tragedia di un popolo attraverso la voce pacata e gentile di una donna, che forse si è trovata ad affrontare qualcosa di più grande di lei.
Figlia di un oppositore di regime assassinato all'inizio del film,
Aung San Sun Kyi torna nel suo paese natale per assistere la madre malata e morente; testimone della follia del dittatore birmano, si sentirà chiamata a una lotta di stampo pacifico, - le inquadrature della protagonista mentre legge libri su Gandhi, sono significative per farci capire il suo pensiero, un credo che forse è più spirituale che politico - per riportare la democrazia e libere elezioni nel suo paese.
Non sarà un' impresa facile.
Osteggiata e ostacolata dal regime che minaccia, uccide o tortura i suoi sostenitori, imprigiona tutti quelli del suo partito e le impedirà di stare vicino al marito inglese Michael Aris (cui viene negato il visto) e ai suoi figli per anni.
Il film è costruito su sequenze alternate: i primi discorsi di lei alla folla, gli arresti domiciliari sotto la sorveglianza dai soldati - che dureranno 15 anni - , e quelle dell' amato marito che la sostiene e la incoraggia fino all'ultimo, che lotta con lei a km di distanza (David Thewlis è davvero convincente e mai sopra le righe, in questo ruolo di uomo paziente e fiducioso) mentre sono costretti a comunicare attraverso brevi e rare telefonate subito interrotte.
Così nel 1990 San Sun Kui vince le elezioni e l'anno successivo è insignita del premio Nobel per la pace, ma ciò non le farà recuperare la libertà; chi mantiene il potere, un dittatore ottuso e ignorante che cerca il proprio destino nei tarocchi di una maga, non vuole perderlo, nè cedere terreno a una donna caparbia, neppure negli ultimi momenti di vita del marito, malato di tumore.
Scegliere di andare al capezzale di Michael significa non poter tornare in Birmania, e rendere vano tutto quello per cui si è lottato.
Un buon film per regia e prove attoriali (molto brava e intensa l'attrice protagonista) che esalta il coraggio e l'onestà di una donna 'umile e semplice' chiamata a qualcosa di grande e giusto, coerente fino in fondo, non disposta a piegarsi alla prepotenza di uomini meschini e barbari.
A me è piaciuto e credo che meriti attenzione.
Quasi 4 stelle.
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